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martedì 15 dicembre 2015

Campo di Concentramento di Wieselburg

Prigionia di Guerra Prima Guerra Mondiale

Chi avesse notizie su questo campo è pregato di scrivere a
Istituto del Nastro Azzurro
Centro Studi sul valore Militare. CESVAM
direttore.cesvam@istitutonastroazzurro.org
post in progress
foto pag. 76.

venerdì 27 novembre 2015

Campo di Concentramento di Schloss Zell bei Waidhofen



Prigionia di Guerra Prima Guerra Mondiale

Chi avesse notizie su questo campo è pregato di scrivere a
Istituto del Nastro Azzurro
Centro Studi sul valore Militare. CESVAM
direttore.cesvam@istitutonastroazzurro.org
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foto pag. 83.

sabato 21 novembre 2015

Campo di Concentramento di Zalaszentgrot

Prigionia di Guerra Prima Guerra Mondiale

Chi avesse notizie su questo campo è pregato di scrivere a
Istituto del Nastro Azzurro
Centro Studi sul valore Militare. CESVAM
direttore.cesvam@istitutonastroazzurro.org
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foto pag. 82

mercoledì 18 novembre 2015

La Grande Guerra: Progetto della Associazione "Un Ricordo per la Pace



                              CENTENARIO GRANDE GUERRA

NUOVO PROGETTO DELL'ASSOCIAZIONE “UN RICORDO PER LA PACE”

UNA MOSTRA ITINERANTE ED UN CICLO DI CONFERENZE NEGLI ISTITUTI DI ISTRUZIONE DI APRILIA

primo incontro sabato 21 novembre presso l'auditorium del Liceo “A. Meucci” con la conferenza“1915 : L' ITALIA IN GUERRA”




Una mostra itinerante ed un ciclo di conferenze sulla Grande Guerra negli Istituti di Istruzione di Aprilia : è questa la nuova proposta culturale di Elisa Bonacini presidente dell'Associazione “Un ricordo per la pace” che ha comunicato il progetto alle Scuole nei giorni intorno alla data particolare del 23 ottobre. Fu quello il giorno che esattamente 100 anni fa nel 1915 vide il nonno Giuseppe Bonacini (1892- 1961) nel Battaglione lombardo Volontari Ciclisti Automobilisti affrontare vittoriosamente gli Austriaci in una delle prime battaglie sulle Alpi Venete per la conquista dell'importante posizione di “Dosso Casina” (presso Monte Altissimo nella catena del Monte Baldo, tra le province di Trento e Verona).
Il progetto ha ottenuto la concessione del logo ufficiale delle Commemorazioni del Centenario della prima guerra mondiale che accredita l’iniziativa quale progetto rientrante nel Programma ufficiale delle commemorazioni del Centenario della prima Guerra mondiale a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Struttura di Missione per gli Anniversari di interesse nazionale.
L'Associazione “Un ricordo per la pace” dal 2011 opera autonomamente nel territorio di Aprilia e della Provincia di Latina per divulgare la storia e le sofferenze causate dalle guerre mondiali attraverso una intensa attività di raccolta di testimonianze, reperti, foto e la realizzazione di numerosi video tematici.
Il nuovo progetto mira a coinvolgere in particolare gli studenti ed i cittadini di Aprilia nella rievocazione del percorso che ha portato l'Italia al raggiungimento dell'Unità Nazionale.
Il primo incontro, grazie al gentile consenso del Dirigente del Liceo “Antonio Meucci” Prof. Antonio Ferrone, si terrà a partire dalle 11:30 di sabato 21 novembre presso l'auditorium del Liceo “A. Meucci” e coinvolgerà alcune quinte classi del Liceo e altre classi dell'Istituto “C. e N. Rosselli” che nel precedente anno scolastico ha collaborato con l'Associazione apriliana nella preparazione di diversi convegni sulle guerre mondiali.
La conferenza avrà come tema “1915 : L' ITALIA IN GUERRA” (le prime fasi del conflitto). Nel programma è previsto l'intervento del Generale Luigi Marsibilio sulle prime 4 battaglie dell'Isonzo e del Generale Massimo Coltrinari che, oltre a descrivere le dinamiche iniziali della guerra, approfondirà l'argomento dei volontari della Grande Guerra tra cui i Volontari Ciclisti Automobilisti del 1915; tra i circa 500 V.C.A. erano anche i maggiori esponenti del Futurismo, accesi interventisti, tra cui il fondatore del movimento culturale lo scrittore e poeta Filippo Tommaso Marinetti. Il Generale Coltrinari affronterà anche il tema della leva militare obbligatoria che con il proseguire del conflitto portò sui vari fronti ragazzi sempre più giovani, poco più che adolescenti (i nati nel 1899) .
Nel corso della conferenza, nell'auditorium che dal 2008 ospita la mostra “Un ricordo per la pace” sul tema “Aprilia in guerra : la battaglia di Aprilia,” saranno esposti anche alcuni cimeli della Grande Guerra dalla raccolta storica di Ostilio Bonacini, fratello di Elisa Bonacini, tra cui la bandiera del Regno d'Italia, alcune medaglie ottenute dalla fusione dei cannoni nemici, elmetto, gavetta e borraccia del fante, ed altri oggetti utilizzati dalle truppe nei vari fronti.
Il programma prevede la proiezione di fotografie tratte dall'AlbumIMPRESSIONI DI GUERRA” di Giuseppe Bonacini, immagini che raccontano l'attività del Battaglione Lombardo Volontari Ciclisti Automobilisti (V.C.A.) agli esordi della Prima Guerra Mondiale. Le foto storiche sono state pubblicate nel volume “IMPRESSIONI DI GUERRA” - L'ardore patriottico dei Volontari Ciclisti Automobilisti del 1915, (a cura di Elisa Bonacini) che ha ottenuto la concessione del logo ufficiale del Centenario della Prima Guerra Mondiale e che è stato esposto nel maggio scorso al Salone del libro di Torino nella sezione della Presidenza del Consiglio – Struttura di Missione dedicata alla Grande Guerra.
I ragazzi si cimenteranno nella recitazione di alcune lettere di soldati dal fronte e per una “full immersion” nella Prima Guerra Mondiale potranno assistere anche alla proiezione del video - documentario realizzato dall'Associazione apriliana : “4 novembre 1918: la grande vittoria italiana” . Il video narra il sofferto percorso bellico dell'Italia dal maggio 1915 al 4 novembre 1918, quando il Generale Armando Diaz annunciò nel cosiddetto “bollettino della vittoria” la fine della guerra ed è un omaggio alle Armi che parteciparono al conflitto tra cui i coraggiosi fanti, gli intrepidi e dinamici bersaglieri, gli straordinari alpini che operarono sulle vette ghiacciate delle Alpi in condizioni “al limite del possibile”…
 A conclusione del filmato le commoventi immagini del viaggio della salma del Milite Ignoto, scelto ad Aquileia (Udine) tra 11 bare di militi senza nome da Maria Bergamas, una mamma che aveva avuto il figlio disperso in guerra. Il feretro venne trasportato in treno da Aquileia a Roma, seguito nel suo percorso da migliaia di persone in ginocchio; venne tumulato presso l'Altare della Patria il 4 novembre 1921.
Durante la manifestazione saranno riprodotti alcuni brani musicali della Grande Guerra eseguiti dall'' “Archetipo Ensemble” dell'Associazione “Vaso di Pandora” tra cui Maria Ausilia D'Antona voce solista , Gabriele Falcone e Sergio Trojse chitarre.
Il video “4 novembre 1918: la grande vittoria italiana” è stato realizzato esclusivamente per finalità di divulgazione storica nelle Scuole. Gli Istituti d'Istruzione interessati potranno richiederne gratuitamente una copia su dvd all'Associazione “Un ricordo per la pace” . I cittadini interessati ad assistere alla conferenza sono pregati di contattare l'Associazione entro il 19 novembre all'indirizzo e-mail el.bonacini@gmail.com


mercoledì 11 novembre 2015

martedì 10 novembre 2015

Convegno. Servigliano. Il Discorso del Comandante del Comando Militare Esercito Marche

SIGNOR PREFETTO,
AUTORITA’ TUTTE, 
ASSOCIAZIONI COMBATTENTISTICHE E D’ARMA, 
CARI STUDENTI, 
GENTILI OSPITI BUONGIORNO.
SONO IL GENERALE ROSARIO SILVESTRO MOSCHELLA COMANDANTE DEL COMANDO  MILITARE ESERCITO MARCHE


SONO PARTICOLARMENTE LIETO DI TROVARMI QUI OGGI, NELLA SPLENDIDA  E STORICAMENTE SIGNIFICATIVA CORNICE DELLA CASA DELLA MEMORIA, LA CUI ASSOCIAZIONE GENTILMENTE OSPITA L’EVENTO ODIERNO, CON IL PATROCINIO DI SUA ECCELLENZA IL PREFETTO.
QUEST’IMPORTANTE EVENTO CULTURALE SI INSERISCE A PIENO TITOLO NEL QUADRO DELLE INIZIATIVE CHE, A LIVELLO REGIONALE E PROVINCIALE, VENGONO INTRAPRESE PER COMMEMORARE, COM’E’ ORMAI NOTO, IL CENTENARIO DELLA GRANDE GUERRA.  TALI COMMEMORAZIONI, GIA’ INIZIATE L’ANNO SCORSO, SI SVILUPPANO E SI SVILUPPERANNO, SU TUTTO IL TERRITORIO NAZIONALE, NELL’ARCO DI UN QUADRIENNIO CON QUALCHE “CODA” NEI PRIMISSIMI MESI DEL 2019.
PER DARE IL GIUSTO E DOVEROSO RISALTO STORICO-EVOCATIVO A QUESTO FONDAMENTALE PASSAGGIO DELLA STORIA NAZIONALE ED EUROPEA, PRESSO LA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI E’ STATO INFATTI, A SUO TEMPO, COSTITUITO UN APPOSITO COMITATO STORICO-SCIENTIFICO PER IL “CENTENARIO DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE”, CON COMPITI DI PIANIFICAZIONE, COORDINAMENTO ED ORGANIZZAZIONE DEGLI EVENTI.
IN TALE OTTICA, TRA I VARI ENTI INTERESSATI FIGURANO I DICASTERI DEGLI INTERNI, DELLA DIFESA, DELL’ISTRUZIONE, ORGANISMI DI RICERCA NONCHE’ ASSOCIAZIONI COMBATTENTISTICHE E D’ARMA. IN PARTICOLARE, I VARI COMANDI ED ENTI DELLA F.A., SU SPECIFICHE DIRETTIVE EMANATE DALLO STATO MAGGIORE DELL’ESERCITO, COLLABORANO ALLE VARIE INIZIATIVE CHE LOCALMENTE VENGONO E CONTINUERANNO AD ESSERE INTRAPRESE, SVILUPPANDO CONTESTUALMENTE UNA SERIE DI MANIFESTAZIONI AUTONOME DIFFUSE SU TUTTO IL TERRITORIO NAZIONALE. QUESTO E’ IL QUADRO DI RIFERIMENTO; QUAL’E’, QUINDI, L’OBIETTIVO? E’ QUELLO DI UTILIZZARE, IN MANIERA SINERGICA TUTTI GLI STRUMENTI CULTURALI ED ESPOSITIVI A DISPOSIZIONE DELLA FORZA ARMATA, ALLO SCOPO DI DARE COMPLETA ED ESAURIENTE ATTUAZIONE AD UN PROGETTO CULTURALE CHE FACCIA CONOSCERE IL CONTRIBUTO FONDAMENTALE FORNITO DALL’ESERCITO DURANTE I QUATTRO ANNI DI GUERRA. E I QUATTRO ANNI DI GUERRA HANNO COINVOLTO, SIA PURE A VARIO TITOLO, TUTTE LE REGIONI D’ITALIA; ECCO PERCHE’, PER QUESTE CELEBRAZIONI, LO STATO MAGGIORE DELL’ESERCITO HA DATO MANDATO AI COMANDI TERRITORIALI, INCENTRATI SU TUTTE LE REGIONI AMMINISTRATIVE, DI:
-   REALIZZARE UNA MOSTRA ITINERANTE, RESA DISPONIBILE PER CIRCA 40 MESI (DA MAGGIO 2015 A NOVEMBRE 2018), ATTRAVERSO DEI “PACCHETTI” ESPOSITIVI CHE, AUSPICABILMENTE, TOCCHERANNO LE PROVINCE DI CIASCUNA REGIONE;
-   ORGANIZZARE, CON PERIODICITA’ ANNUALE, DEI CONVEGNI/CONFERENZE TEMATICHE (CIOE’ PER CIASCUN ANNO DI GUERRA), SOTTO UNA PREVALENTE OTTICA REGIONALE E CON UNA PARTICOLARE ATTENZIONE AL CONTRIBUTO DATO ALLO SFORZO BELLICO. NELLA CIRCOSTANZA, L’AVVALERSI DELLA COLLABORAZIONE DI PROFESSORI/STUDIOSI DELLA MATERIA, RAPPRESENTA UNO DEGLI ASPETTI CULTURALMENTE PIU’ QUALIFICANTI DELL’ATTIVITA’ STESSA.
AL RIGUARDO, CI TERREI A SOTTOLINEARE CHE IL MIO COMANDO HA DA TEMPO INTRAPRESO UNA PROFICUA ED INTENSA COLLABORAZIONE CON IL GEN. COLTRINARI, ILLUSTRE DOCENTE E STUDIOSO NONCHE’ FIGLIO DI QUESTA TERRA! MA ANCHE CON ALTRI UFFICIALI MARCHIGIANI DELLA F.A., DI ALTO RANGO MA ORAMAI IN QUIESCENZA, PER L’EFFETTUAZIONE DI INTERESSANTI E COINVOLGENTI CONFERENZE PRESSO ALCUNI ISTITUTI SCOLASTICI DELLA REGIONE.
HO ACCENNATO POC’ANZI ALL’ IMPIEGO SINERGICO DELLE RISORSE INTERNE ALLA NOSTRA ORGANIZZAZIONE. TUTTAVIA, NELLA CIRCOSTANZA ODIERNA, VORREI PORRE IN CHIARA EVIDENZA CHE L’EVENTO CUI STIAMO PER  DARE INIZIO RAPPRESENTA L’ESEMPIO DI UNO SFORZO ORGANIZZATIVO FRUTTO DI SINERGIE TRA LE AUTORITA’ DI GOVERNO LOCALI, CENTRI DI RICERCHE E STUDI QUALI, APPUNTO, L’ASSOCIAZIONE “CASA DELLA MEMORIA”  E GLI ENTI DELL’ESERCITO CHE INSISTONO SUL TERRITORIO MARCHIGIANO.
MI SIA CONSENTITO, A QUESTO PUNTO, SPENDERE ALCUNE PAROLE SULLA “CASA DELLA MEMORIA”. CIO’ MI CONSENTIRA’, TRA L’ALTRO, DI INTRODURRE L’ARGOMENTO DELLA CONFERENZA. IL RECUPERO DELLA MEMORIA STORICA RAPPRESENTA L’OBIETTIVO FONDANTE DELL’ASSOCIAZIONE, CHE L’HA GUIDATA, DALLA SUA NASCITA AD OGGI, NELL’OPERA ALTAMENTE MERITORIA SVOLTA SUL TERRITORIO, RACCOGLIENDO MATERIALE DOCUMENTARIO E SVOLGENDO ATTIVITA’ DIVULGATIVE E DIDATTICHE SULLE VICENDE CHE RIGUARDANO IL CAMPO DI PRIGIONIA DI SERVIGLIANO. VICENDE CHE ATTRAVERSANO LA STORIA DI QUESTA REGIONE DAL PRIMO NOVECENTO FINO ALL’IMMEDIATO SECONDO DOPO GUERRA.
E VENIAMO AL TEMA DI OGGI, LA PRIGIONIA NEL CORSO DEL PRIMO CONFLITTO MONDIALE, TRATTATO DAI NOSTRI RELATORI NELLA DUPLICE OTTICA, QUELLA DEGLI AVVERSARI SUL NOSTRO TERRITORIO E QUELLA DEI NOSTRI SOLDATI NEI TERRITORI DELL’AVVERSARIO, L’IMPERO AUSTRO-UNGARICO. LUNGI DA ME ANTICIPARE CIFRE, DETTAGLI O SITUAZIONI PARTICOLARI. MI PREME, INVECE, SOTTOLINEARE COME QUESTO ASPETTO DELLA GRANDE GUERRA E’ STATO A LUNGO NEGLETTO ED AFFATTO CONOSCIUTO. MENTRE TANTO S’E’ SCRITTO, DOCUMENTATO E RAPPRESENTATO ANCHE CINEMATOGRAFICAMENTE SULLA PRIGIONIA NELLA SECONDA G.M.
VEDREMO COME UNA DELLE QUESTIONI PRINCIPALI DURANTE LA GRANDE GUERRA FU IL TRATTAMENTO DEI PRIGIONIERI DI GUERRA. IN TEORIA, I LORO DIRITTI DOVEVANO ESSERE GARANTITI DALLA SECONDA CONVENZIONE DELL'AJA, UN ACCORDO ENTRATO IN VIGORE PRIMA DEL 1914 E FIRMATO DA 44 STATI. NELLA PRATICA PERÒ LE COSE ANDARONO DIVERSAMENTE. LE CONTINGENZE DEL MOMENTO NON POTERONO GARANTIRE QUESTO DIRITTO: COL PASSARE DEL TEMPO I PRIGIONIERI AUMENTAVANO E, PARALLELAMENTE, LE RISORSE DIMINUIVANO. COLORO CHE FURONO CATTURATI PERCIÒ EBBERO UN TRATTAMENTO PEGGIORE RISPETTO A QUANTO ERA STATO DECISO POCHI ANNI PRIMA. E CIO’ AVVENNE DA ENTRAMBE LE PARTI.  TUTTAVIA, RISPETTO AI PRIGIONIERI ITALIANI (SI ACCENNERA’, TRA L’ALTRO, ANCHE ALL’ATTEGGIAMENTO DELLA MADRE PATRIA NEI LORO CONFRONTI) RINCHIUSI NEI CAMPI DI CONCENTRAMENTO AUSTRIACI E TEDESCHI, i prigionieri austroungarici caduti in mano italiana FURONO TRATTATI COMPLESSIVAMENTE MEGLIO.  I SOLDATI ITALIANI DECEDUTI (SOPRATTUTTO DI FAME E DI STENTI) NEI CAMPI DI PRIGIONIA AUSTRIACI E TEDESCHI, FURONO DI PIU’ DI QUELLI AUSTROUNGARICI MORTI IN ITALIA. LA MAGGIOR PARTE DEI QUALI FURONO CONCENTRATI NELLE REGIONI MERIDIONALI, PIÙ LONTANE DAL FRONTE.
TERMINEREI QUI QUESTE MIE ANNOTAZIONI E MANIFESTANDO IL MIO SENTITO RINGRAZIAMENTO A QUANTI HANNO RESO POSSIBILE LA REALIZZAZIONE DI QUESTO EVENTO, CEDO LA PAROLA AL PROSSIMO INTERVENTO.
IL MIO SINCERO PLAUSO, INNANZITUTTO AI NOSTRI DUE CONFERENZIERI PER LA SINTESI E LA COMPLETEZZA DEI LORO INTERVENTI.

L’INTERESSE SUSCITATO E L’IMPORTANZA ANNESSA, SIN DALLA SUA ORGANIZZAZIONE, A QUESTA GIORNATA SONO SENZA DUBBIO TESTIMONIATI DAL COINVOLGIMENTO E DALLA SENTITA PARTECIPAZIONE DEI NOSTRI STUDENTI. ED E’ SOPRATTUTTO A LORO CHE VORREI RIVOLGERMI IN QUESTE BREVISSIME NOTE FINALI.
OGGI, IN QUESTO LUOGO SIGNIFICATIVO PER LA STORIA DI SERVIGLIANO, ABBIAMO “FATTO” VERAMENTE CULTURA. ED OGNI OPERAZIONE CULTURALE CHE SI RISPETTI NON PUO’ PRESCINDERE DAL RECUPERO E DALLA RIPROPOSIZIONE DELLA MEMORIA STORICA, FONDAMENTALE PUNTO DI PARTENZA PER AFFRONTARE LE SFIDE ODIERNE E FUTURE. E TALI SFIDE HANNO UNA COMPONENTE IMPORTANTE NELL’EVITARE GLI ERRORI E NEL SUPERARE LA VIOLENZA E GLI EGOISMI DEL PASSATO. IL PASSAGGIO SUCCESSIVO, VA DA SE’, E’ COSTRUIRE PER E CON LE NUOVE GENERAZIONI MIGLIORI E PIU’ STABILI CONDIZIONI DI PROGRESSO E DI PACE. PROGRESSO E PACE, OVVIAMENTE, IN UNA CORNICE DI SICUREZZA. QUESTO E’ IL MESSAGGIO CHE, DA PARTE MIA, VORREI LASCIARVI PRIMA DI RITORNARE AI VOSTRI STUDI.
RINGRAZIO, INFINE, IL PROF. GIUNTA LA SPADA ED IL COMUNE DI SERVIGLIANO PER LA SPLENDIDA OSPITALITA’ E COLLABORAZIONE FORNITE ED AUGURO A TUTTI UN BUON PROSEGUIMENTO DI GIORNATA.
 
Servigliano, 28 ottobre 2015 

giovedì 29 ottobre 2015

Grande Guerra. La prigionia. Servignano. Un convegno riuscito. Il resoconto



Nota del 
Prof. Poalo Giunta La Spada


Il Convegno Seminario di Studio di oggi, alla Casa della Memoria di Servigliano, ha, anzitutto, messo in luce l'immane tragedia della prima guerra mondiale: una guerra totale perchè le potenze europee detenevano l'85% della superficie del pianeta; perchè australiani e zelandesi si trovarono a combattere in Turchia; gli indiani si trovarono nei reparti d'assalto britannici sul fronte franco-tedesco, e popoli di ogni parte del mondo furono chiamati al conflitto; fu consumato uno dei più mostruosi genocidi della storia dell'umanità quando i turchi, con la supervisione tecnica degli alleati tedeschi, procedettero allo sterminio di un milione e mezzo di armeni.
Fu la guerra dei miti fabbricati per convincere pacifici contadini a morire: le ideologie del nemico assoluto, e il mito della virilità e del combattente, servivano a convincere le popolazione europee che la guerra era inevitabile, o "sola igiene e pulizia" del mondo.
La guerra produsse 10 milioni di morti e milioni di feriti con mutilazioni permanenti, deportazioni forzate di milioni di persone, distruzione di ogni forma di vita civile.
In questo contesto il tema della prigionia è rimasto ignorato fino alla fine degli anni 90.
Solo allora è iniziato un nuovo interesse per l'esperienza che fecero, solo in Europa, 9 milioni di persone, in teoria trattate secondo la Convenzione de L'Aia del 1907, in pratica spesso sottoposte a marce forzate e a punizioni e umiliazioni.
Il Convegno Seminario di oggi è, da questo punto di vista, un segno di svolta negli studi sul tema perchè ha illustrato non solo le modalità della prigionia a partire dal campo di Servigliano, ma ha messo in luce anche temi e aspetti pressochè sconosciuti, come la decisione del Governo Salandra - Sonnino di non far pervenire viveri ai prigionieri italiani condannati quindi a morire, o la drammatica gestione dei prigionieri austro-ungarici in Italia, come nel caso dei prigionieri detenuti all'Asinara.
Il convegno, organizzato dalla Casa della Memoria con il Comando Militare Marche e l'alto patrocinio della Prefettura di Fermo, ha visto come relatori il prof. Paolo Giunta La Spada, Direttore Scientifico e Culturale della Casa della Memoria, e lo storico, Generale Massimo Coltrinari.
Erano presenti il Presidente dell'Associazione storica, dr. Emidio Pipponzi, il Sindaco di Servigliano avv. Marco Rotoni, il rappresentante della Provincia dr. Stefano Pompozzi, Il Generale di Brigata Rosario Silvestro Moschella, il Prefetto di Fermo Angela Pagliuca, numerose autorità civili e militari, esperti e studiosi di storia, gli studenti delle scuole di Servigliano e la Quinta Classe PTA della Sezione Agraria di Montegiorgio dell'ITI Montani.
In particolare, nella seconda fase dell'incontro, gli studenti hanno posto numerose domande ai due relatori e si è sviluppato un confronto significativo e ricco di spunti per successive iniziative di stuidio


martedì 20 ottobre 2015

Grande Guerra: La Prigionia. Servignano 28 ottobre 2015

la Prigionia italiana nella Grande Guerra”

Sintesi della conferenza

Dopo un rapido cenno alla prigionia sotto il profilo del Diritto Umanitario (Convenzione dell’Aia del 1907) in cui si sottolineerà i caratteri precipui della prigionia e del soldato prigioniero, si traccerà un quadro rapido delle fasi della prigionia (resa, cattura, invio all’indietro, avviamento ai campi di smistamento, registrazione, invio ai campi di concentramento, vita in prigionia e trattamento della potenza detentrice, fine della prigionia, rimpatrio, analisi e processo del comportamento in prigionia, invio al domicilio o ai reparti in armi.

Nel dettaglio della prigionia nella Grande Guerra, si esaminerà la resa e la cattura nei termini quantitativi, durante le undici battaglie dell’Isonzo (1915-1917) la dodicesima, Caporetto, e le tre battaglie finali (d’arresto, novembre, 1917, del solstizio, giugno 1918 e di Vittorio Veneto). Per determinare il numero dei soldati italiani prigionieri dal 1915 al 1918.

Indi una analisi di dettaglio sul trattamento della potenza detentrice sia riguardo agli Ufficiali sia riguardo ai sottufficiali e truppa e la vita dei campi di concentramento, con indicazione di varie situazioni in Germania e in Austria e in Ungheria. Cenni verranno fatti in merito al sostegno ed alla assistenza ai prigionieri dato dalla madre patria, sia attraverso le organizzazioni private che attraverso l’azione del Governo Italiano, con cenni alla situazione di pria e dopo la battaglia di Caporetto.

Dopo una valutazione complessiva della prigionia italiana in mano agli Imperi Centrali dal 1915 al 1918, si tratterà del Rimpatrio, nelle forme previste dalle convenzioni e come effettivamente si svolse, con descrizione di casi particolari. Sarà tracciata una “geografia” dei campi di concentramento in Austria, Germania e in Ungheria, e sarà fatto un bilancio generale, ovvero il “costo” della prigionia in termini di vite umane con considerazioni di carattere pertinente, ovvero si porrà la domanda delle ragioni per cui dalla prigionia  su oltre 600.000 uomini oltre 100.000 non tornarono.

Spazio, a seguire, sarà dedicato al progetto di inviare i prigionieri di guerra nelle colonie ed al nuovo concetto della prigionia come fenomeno di massa. In particolare sarà dedicate considerazioni sull’azione del Governo Italiano nei confronti dei prigionieri di guerra e l’atteggiamento del Comando Supremo verso il soldato prigionieri

Considerazioni finali su questo particolare aspetto della Grande Guerra saranno i temi conclusioni della conferenza

Massimo Coltrinari
(prigionia@libero.it)



domenica 4 ottobre 2015

4 Novembre Conferenza ai "Mercoledi del nastro Azzurro" dedicata alla prigionia


MERCOLEDI DEL NASTRO AZZURRO

 Draf.

Luogo:: Sede della Presidenza del Nastro Azzurro
Data . 4 Novembre 2015 ore 17

Titolo Conferenza: “ La Prigionia italiana nella Seconda Guerra Mondiale. 1940-1943”

Conferenziere Massimo Coltrinari[1] 
(massimo.coltrinari@libero.it)


La conferenza si apre con un breve cenno su cosa è la Prigionia di Guerra, la sua struttura e le sue fasi (resa, raccolta, invio all’indietro, censimento, smistamento, detenzione, trattamento, termine, rimpatrio, controllo del comportamento, riarruola mento o invio al proprio domicilio); un cenno alla figura del Prigioniero di Guerra ( diritti, doveri e status) e, infine brevissimo cenno alla Convenzione di Ginevra ( e precedenti accordi)  del 1929, in vigore durante la Seconda Guerra Mondiale. Qesta parte si conclude con una chiarificazione tra Il Prigioniero di Guerra  ed altre figure quali il Deportato, l’Internato Militare  ecc.

La Seconda Parte della conferenza è incentra nella descrizione di un quadro generale della prigionia italiana nella Seconda Guerra Mondiale nell’arco di tempo che va dal 10 giugno1940 all’8 settembre 1943.

 In questo arco di tempo i soldati caduti in mano ai Paesi a cui avevamo dichiaro guerra sono divenuti Prigionieri in mano alla Francia, in mano Alla Gran Bretagna, in mano alla Grecia, in mano alla Jugoslavia, in mano all’Unione Sovietica, in Mano agli Stati Uniti.

Ricollegandosi all’ultimo “Mercoledì del Nastro Azzurro”, in cui Carlo Vicentini ha parlando anche della sua esperienza di prigioniero in URSS, si tratterà della Prigionia in URSS, partendo dall’assiona che questa prigionia, in termini strettamente giuridici ed oggettivi, non fu, come trattamento inferiore a quella delle altre Prigionie

Poi si tratterà della prigionia in mano alla Gran Bretagna, con riguardo a quella in Egitto, in Palestina, in Kenya, in Sud Africa, in India, a Gibilterra a e nel territorio metropolitano britannico, con considerazioni pertinenti per ogni luogo citato.

Di seguito la prigionia in mano alla Jugoslavia ed alla Grecia, con accenni a queste peculiarità, per passare poi alla Prigionia in mano agli Stati Uniti sia nel Nord Africa che nel territorio metropolitano, con particolare cenno al campo di Hereford, e si descriveranno brevemente prigionieri illustri come Berto, Tumiati e Burri, che proprio in questi giorni vede una grande mostra a lui dedicata a New York.

Infine si tratterà della prigionia italiana in mano ai Francesi della Francia Libera come esempio di  flagrante violazione delle norme della Convenzione di Ginevra sui prigionieri di Guerra del 1929, in quanto l’Italia non era in guerra con la Francia, a seguito dell’armistizio firmato a Villa Incisa il 25 giugno 1940. Fin da adesso si può dire che la prigionia in mano ai Francesi fu, in termini di efferatezza e crudeltà, di molto superiore ad ogni altra prigionia nella seconda guerra mondiale

La Conferenza non tratta dei prigionieri nemici ( Francesi. Britannici, Greci. Jugoslavi, Sovietici ed altri) in mano italiana per lo stesso periodo considerato e si concluderà con un dibattito, secondo la tradizione dei “Mercoledi del Nastro Azzurro”



[1] Generale, storico, docente, cultore della materia alla Sapienza, Cattedra di geografia Politica ed Economica; è Direttore del CESVAM – Centro Studi sul Valore Militare e come tale direttore della rivista “ Quaderni del Nastro Azzurro”, supplemento al periodico “Il Nastro Azzurro”. E’ consulente per la Prima Guerra Mondiale del Comando Regione Militare”Marche”. E’ direttore del Programma “Strategia” presso l’Istituto di Al Trategia ed affini ISAG di Roma. E’ ideatore del progetto Storia in laboratorio, che ha espresso la “Collana Storia in laboratorio”,  che comprende oltre 19 titoli dal 2009 ad oggi. Ha al suo attivo oltre 600 articoli e saggi, nonche dal 1981 partecipa a Convegni Seminari e Tavole rotonde. Altro si può trovare su www.coltrinarimassimo.blogspot.com E’ sposta con la Sig.ra Anna Maria, professoressa, ed ha due figli Laura, avvocato, e Gianluca, ingegnere meccanico.

giovedì 10 settembre 2015

Prima Guerra Mondiale Prigionia in Austria Ungheria Campo di Edger

Campo di concentramento di
EGER











Dati sulla cittadina di Eger - Ungheria 

Geografia

La città sorge nella valle del fiume Eger (affluente di destra del Tibisco), tra iMonti Mátra a ovest, ed il massiccio del Bükk a est. Nella Ungheria Settentrionale, Provincia di Heves. Superficie 92,24 km2 Abitanti circa 56.000

Storia

Il nome ha etimologia incerta. Nel X secolo era abitata da gruppi di tedeschi,slavi e avari. Qui il re Stefano il Santo vi fondò un vescovado (con sede sull'attuale collina del castello). Il grande periodo di fioritura fu però il XIV-XVI secolo, periodo in cui la regione di Eger inizia anche ad essere famosa per la produzione vinicola.
Piazza Dobó e castello.
Ai tempi di Mattia Corvino, Eger fu sede di una vera e propria corte umanistica internazionale, ad opera di arcivescovi come Ippolito d'Este, al cui servizio era anche Ludovico Ariosto che tuttavia si rifiutò di seguire il suo signore in Ungheria. Nel 1552 la città riuscì a resistere ad un assedio dei Turchi, che riuscirono però a prendere la città nel 1596.
La storia dell'assedio del 1552 è narrata in un romanzo molto conosciuto e letto ancora oggi nelle scuole ungheresi: Le stelle di Eger, di Géza Gárdonyi. La dominazione ottomana e le guerre crociate ridussero notevolmente la ricchezza della città, che fu poi ricostruita a partire dal XVIII secolo, soprattutto ad opera degli arcivescovi (soprattutto ad opera di Károly Eszterházy, a cui si deve la riorganizzazione urbanistica e la costruzione del Lyceum, imponente edificio che il prelato sperava di adibire a sede di università dell'est dell'Ungheria).
Nuove distruzioni furono causate durante gli ultimi anni della Seconda guerra mondiale, quando la città fu più volte bombardata.

Turismo

Eger è conosciuta principalmente per il suo castello, ricordo della lotta contro i turchi, i bagni termali, e le numerose costruzioni storiche fra cui il minareto turco più a nord d'Europa esistente.

Economia

Eger è un importante mercato agricolo con industrie del tabacco ed enologiche. È famosa la produzione di vini rossi: Egri Bikavér (Sangue di Toro) e Egri Leányka (Ragazza di Eger).


venerdì 4 settembre 2015

I Caduti in prigionia della Prima Guerra Mondiale: una realtà nascosta

Una Memoria mai esistita.
Apriamo le Porte della Memoria
 ai 100.000 Prigionieri Caduti della Prima Guerra Mondiale

In merito al tema della Memoria, occorre attirate l’attenzione su un dato che è caratteristico dell’Italia e di noi italiani. Il nostro Paese ha sempre negato la memoria dei Prigionieri di Guerra della Prima Guerra Mondiale. Nella nostra opinione pubblica, nella nostra coscienza nazionale, nella nostra Storia questa memoria è completamente assente. Questa memoria non è mai esistita. I nostri 600.000 prigionieri in mano alla Germania ed all’Austria-Ungheria, guerra durante sono sempre stati considerati come dei “Peccatori contro la Patria”. Questo concetto, di derivazione  d’annunziana, si è talmente radicato che al momento della Vittoria, il generale Diaz ideò e predispose un piano per non far rientrare i Prigionieri Italiani in Italia, ma deportarli direttamente in Colonia, in Libia, In Eritrea ed in Somalia. Se si può fare un paragone, l’Italia ebbe per i prigionieri all’indomani della fine della guerra  un atteggiamento ed un approccio simile a quello di Stalin: per il dittatore comunista i prigionieri in mano dei nazisti erano dei traditori, che avevano abbandonato il loro posto senza combattere. Ed infatti, al pari di Diaz, non li volle reinseriti nella vita sociale e li fece deportare tutti in Siberia, nei sui campi di concentramento, nei noti Gulag. A Stalin il piano riuscì, a Diaz no; il collasso delle strutture statuali austriache e tedesche permise ai prigionieri di raggiungere l’Italia, accolti dai Carabinieri che davano loro la caccia. Andranno ad ingrossare le file del malcontento in quella atmosfera di “vittoria mutilata” che generò il fascismo. E tanti prigionieri sfogarono il loro rancore contro la Patria militando proprio nelle file delle più violente squadracce fasciste.
Una Memoria persa che non ricorda i 100.000 morti in prigionia: infatti da sempre in Italia si ricordano i 600.000 Caduti della Prima Guerra Mondiale, omettendo nel conto quelli che morirono in prigionia. Correttamente si dovrebbe dire i 700.000 Caduti della Prima Guerra Mondiale, ma prima il Fascismo, che li negò con tutte le sue forze nel turbinio della esaltazione del valore patriottico della guerra mondiale, poi la distratta Italia repubblicana, questi 100.000 morti non sono nemmeno citati. Una memoria persa. Che nasconde un altro grande dramma, a cui dedicheremo spazio su questa rivista, del perché si ebbero questi 100.000 morti. E la causa non fu il “cattivo” tedesco” ma ha nomi precisi, italiani, come Cadorna, e Sidney Sonnino in prima fila. E si compara il dato che sia nella prima guerra mondiale che nella seconda in Germania avemmo grosso modo lo stesso numero dei prigionieri, come mai nella Prima Guerra Mondiale ne morirono 100.000 e nella seconda, nelle mani dei feroci e sanguinari nazisti, 43.000?   
Una memoria che non è mai esistita. Non si deve nemmeno prendersi il disturbi di conservarla, perché non c’è mai stata.
Nell’anniversario del prossimo anno, e del 1915, nel centenario della i Guerra Mondiale, e già si annunciano manifestazioni a tutto spazio sullo stile e spessore di quelle per il 150° dell’Unità d’Italia, nel mare di retorica, di falso pacifismo, di esaltazione delle eroiche gesta, si auspica che si crei, si costruisca si alimento questa memoria di 100000 Italiani Caduti per la loro Patria.

Una memoria da costruire, non da alimentare. Un sfida quasi impossibile non solo da vincere, ma solo da proporre. Ma una sfida che vale la pena di lanciare, affinchè si aprano le Porte della Memoria per una pagina della  nostra storia della Prima Guerra Mondiale che è stata scritta, per dirla con Umbero Eco”, nell’isola che non c’è.
Massimo Coltrinari
(massimo.coltrinari@libero.it)

sabato 22 agosto 2015

Prima Guerra Mondiale. Prigionia in Austria Ungheria. Campo di Bologassony

Campo di Concentramento di

 Boldogassony

L'orchestra composta da prigionieri del campo


Le cucine del campo

I prigionieri impegnati nei lavori di sartoria e di calzaturificio

I prigionieri impegnati in lavori stradali

Si è alla ricerca di ulteriori informazioni e dati su questo campo di concentramento. Chi avesse notizie è pregato di conttatarmi:

Massimo Coltrinari
(massimo.coltrinari@libero.it)

giovedì 13 agosto 2015

Temi di ricerca. Internamento

I seguenti temi di ricerca sono stati proposti per l'Internamento
sul blog www.internamentoereticolati.blogspot.com 

2.      Internamento. Perché non vi è stata una Norimberga ( o Tokyo) italiana?
      (post in data 31 luglio 2015) 
3.      Internamento. Il Programma di Eutanasia “T4”
      (post in data 13 agosto 2015)
6.      Internamento Il Processo di disumanizzazione dell’Internato
      (post in data 22 agosto 2015)
7.      Internamento. Trieste. Risiera di San Saba.
      (post in data 25 agosto 2015


Per approfondimenti: www.internementoereticolati.blogspot.com; Contatti: prigionia@libero.it

lunedì 3 agosto 2015

Temi di ricerca. Soldati italiani in uniforme austriaca

  1. Prigionia di Guerra. Irridenti Italiani prigionieri dei Russi 1915-1916


Al momento della dichiarazione di neutralità dell’Italia nell’agosto 1914, in Austria crebbe n modo consistente un atteggiamento ostile verso l’Italia e gli Italiani; questo ricadde sulle popolazioni di lingua e cultura italiana dell’Impero, che produsse una serie di misure cautelative verso queste popolazioni. Da una parte si sviluppò l’Irredentismo, che ebbe testimoni come Cesare Battisti, Fabio Filzi, Damiano Chiesa e tanti altri tra, dall’altra la diffidenza che Vienna manifestò in modo concreto verso i sudditi Italiani; questa diffidenza si concretizzò nel richiamo alle armi di tutti gli italiani soggetti alla mobilitazione generale, che si tramutò nell’invio nel fronte orientale, contro i russi. I sentimenti di questi soldati  oscillava tra la passività più accorta e la possibilità di uscire da quella che era una situazione inaccettabile: combattere con una divisa che non sentivano la loro. L’unica possibilità era quella di passare nelle fila dei russi, dandosi prigionieri e poi cercare di ritornare in Italia. Queste vicende sono poco studiate. La ricerca potrebbe essere condotta anche con la consultazione dell’Archivio della  Guerra di Vienna. Riferimenti bibliografici: Annibale Moligoni, Avventurosa Odissea di Patrioti Irredenti in Russia, Torino, Gambino S.A., 1939. Contatti: prigionia@libero.it

giovedì 30 luglio 2015

Temi di Ricerca. documetazione e propaganda

E' stata avviata  una ricerca in tema di propaganda, da un lato, e di documentazione sulla prigionia di guerra in mano Austro-Ungarica dall’altro. Per il primo tema il volume riporta le fotografie di 53 campi di prigionia in Austria ed Ungheria in cui in tutte si vedono scene idilliache della vita dei campi, ove tutto è in ordine, pulito e con i prigionieri che non sembrano essere tali, ma assumono atteggiamenti o folcloristici, in posa, o da turisti o da villeggianti. Il volume riporta, poi nelle pagine di apertura, una interessate annotazione: il volume deve rappresentare un oggetto ricordo per i prigionieri una volta tornati alle loro casa, un ricordo del bel tempo passato nelle mani dell’Imperial Regio Governo Austro-Ungarico. L’altro lato riporta i nomi dei campi di prigionia e questo potrebbe essere la base di una ricerca sia per vedere la consistenza di questi campi sia la loro situazione attuale, se ancora qualche traccia materica è presente.  Chi vuole contribuire a questa ricerca può documentarsi  www.prigioniadiguerra.blogspot.com (post in data 14 luglio 2013).
 Contatti: prigionia@libero.it

Tema di Ricerca. Aspetti economici della prigionia


1.Prigionia di Guerra. Trattamento Economico dei Prigionieri di Guerra.



Uno degli aspetti più particolari del Rimpatrio in tema di Prigionia di guerra è il Trattamento Economico spettante all’ex-prigioniero. Questo dato è essenziale per comprendere la differenza tra Internato e Prigioniero di Guerra. Infatti a quest’ultimo decorrono gli assegni da militare come se fosse stato in servizio, previo il suo comportamento consono al regolamento di disciplina durante la permanenza in mano nemico come prigioniero. L’Internato, teoricamente, non dovrebbe avere alcun compenso o trattamento economico. Ecco perché necessitano o delle norme ad hoc per l’Internato stesso oppure l’estensione del trattamento economico del Prigioniero di Guerra onde evitare che al momento del Rimpatrio questi rimanga senza alcuna assistenza economica. Per le norme economica relative al prigioniero di Guerra italiano vds. il blog www.prigionierdiguerra.blogspot.com con post in data       Per contatti ulteriori prigionia@libero.it

mercoledì 15 luglio 2015

Malcolm R. Webster: la sua prigionia

Storie di Prigionia

Evoluzione della esperienza di un prigioniero alleato
Un australiano tra i partigiani biellesi

Malcolm R. Webster[1]

 
Mi arruolai nel giorno del mio diciannovesimo compleanno e lasciai l'Australia per il Medio Oriente nel tardo 1940. Seguendo lo sfollamento delle truppe da Creta, mi trovai sul cacciatorpediniere britannico "Hereward", che fu colpito e poi affondato nello stretto di Kaso a causa di un bombardamento della Luftwaffe tedesca il 29 maggio 1941. La nave venne abbandonata alle 6.45 del mattino e dopo 5 ore in mare senza un giubbotto di salvataggio venni salvato da una torpediniera della Marina italiana. Questa azione contro la "Hereward" costò più di trecento vite, perse soprattutto per annegamento.L'azione di quel giorno effettuata dai tedeschi contro il convoglio causò la perdita anche di un'altra nave, l' "Imperial" e attacchi contro gli incrociatori "Orion" e "Dido" ed ed al cacciatorpediniere "Decoy". In tutto ci furono più di mille vittime. Noi, sopravvissuti dell' "Hereward", salvati dai "mas" della Marina italiana fummo portati a Scarpanto: molti erano nudi, altri scarsamente vestiti. Qui ci fu dato cibo e acqua. Poi venimmo trasportati sul cacciatorpediniere della Marina italiana "Francesco Crispi" a Rodi. Dopo circa tre settimane a Rodi, dopo esserci ripresi da quella terribile esperienza, e piuttosto deboli per le scarse razioni di cibo, fummo mandati all'isola di Leros, dove fummo imbarcati sulla "Caleno", che salpò verso la Grecia e poi, via Corinto - Patrasso, arrivò a Bari il 22 giugno 1941, il giorno in cui la Russia sovietica entrò in guerra. Arrivati a Bari, fummo sottoposti ad una accoglienza molto ostile: mentre marciavamo verso la stazione ferroviaria ci venivano lanciati bastoni e pietre. Per fortuna le guardie italiane fecero un buon lavoro nel tenere sotto controllo la situazione. Dopo quasi tre settimane nel campo di sosta per prigionieri di guerra a Capua, il 12 luglio 1941 venimmo inviati in treno a Bolzano e avanzammo verso Prato Isarco, vicino al Passo del Brennero. ll campo di Prato Isarco consisteva in una vecchia fabbrica di birra in disuso, in edifici in legno molto polverosi adiacenti alla principale linea ferroviaria che serviva le forze germaniche operanti nel Nord Africa. La vita e le condizioni, sebbene piuttosto primitive, erano tollerabili, con sufficienti razioni, aumentate dai pacchi di cibo che arrivavano tramite la Croce rossa internazionale di Ginevra. Il campo di Prato Isarco fu evacuato il 25 ottobre 1941 e tutti i prigionieri di guerra furono trasferiti in treno al campo di concentramento Pg numero 57 a Cividale, vicino a Udine.Il Pg 57 risultò essere un vero campo di prigionia, efficiente, ben amministrato e strettamente controllato. Il campo, situato sugli altopiani vicino a Caporetto, era esposto a forti venti ed a un freddo estremo, da noi mai sperimentato in precedenza: quell'inverno la temperatura toccò la punta record di 23°. ll vestiario insufficiente e inadatto era un problema e aumentò il nostro disagio; quest'ultimo venne mitigato durante il mese di marzo 1942 dall'arrivo dei pacchi con abiti personali provenienti dall'Australia ed anche di alcune provviste tramite l'organizzazione della Croce Rossa.Nel febbraio 1942 le razioni di cibo erano state inoltre drammaticamente "tagliate" del 60 per cento ed anche i pacchi della Croce rossa erano cessati.
Molti soffrirono di denutrizione, altri di "beri-beri", malattia causata dalla mancanza di frutta e verdura, necessarie per mantenere nel corpo il giusto livello di vitamina B. Molti prigionieri di guerra finirono nell'ospedale di Udine, io compreso, perché mi ammalai di "beri-beri" e di setticemia, a causa di una infezione al piede che richiese un intervento chirurgico. Sebbene l'esistenza nel campo Pg 57 fosse dura e difficile, il morale venne sostenuto da molte attività: concerti, dibattiti, lezioni, gare di quiz, tornei a carte, e competizioni sportive di cricket, calcio e atletica fra le squadre delle varie baracche. All'inizio del 1942 l'attività sportiva fu tuttavia interrotta per alcune settimane dato il cibo insufficiente per sostenere il corpo ad un livello accettabile.
L'aprile 1943 vide la spedizione dei prigionieri di guerra con il grado di sergente ai campi di lavoro. Io, in un gruppo di cinquanta uomini fui mandato al campo di lavoro numero 106 nella cascina Oschiena, vicino a Vercelli, a lavorare nei campi di grano e nelle risaie. La sistemazione era sgradevole, le baracche di legno erano piccole e sovrappopolate, mancava l'aria a causa delle doppie porte tenute chiuse dalle guardie. Dato che questa situazione causò molto disagio durante le notti calde, organizzammo in maniera tipica uno sciopero e ci rifiutammo di lavorare. A poco a poco, le condizioni migliorarono, la fornitura di cibo si poteva definire buona, con doppie razioni rese più consistenti dai generi extra provenienti dalla fattoria. Tutto ciò unitamente ai pacchi di cibo della Croce rossa, migliorò presto la nostra condizione fisica. Progressivamente divenne chiaro che gli italiani erano disillusi dal regime fascista e dall'alleanza con la Germania nazista. Vi furono poi il ritiro dall'Africa settentrionale, lo sbarco alleato in Sicilia e l'invasione dell'Italia a Salerno e Anzio; non fu una sorpresa il fatto che l'armistizio venne chiesto agli Alleati dal maresciallo Badoglio, l'8 settembre 1943. Questo fu un giorno eccezionale, di grande gioia e festeggiamenti nella cascina Oschiena, condiviso dai prigionieri di guerra, dalle guardie italiane e dai contadini. Si avvertiva ovunque che finalmente il giogo fascista di Mussolini era rotto per sempre. Era una grande sensazione di libertà e sollievo. Tuttavia, insieme ai miei compatrioti, mi interessai subito dell'attività delle truppe tedesche nella zona di Vercelli, in relazione alla notizia secondo la quale tutti i campi dei prigionieri di guerra in Italia venivano controllati e i reclusi mandati nei campi di concentramento in Germania. Piuttosto che questo succedesse, decidemmo di abbandonare il campo di lavoro e di prendere, ognuno, la propria strada; alcuni verso la Svizzera, altri a sud, altri nascondendosi con l'aiuto degli agricoltori delle vicinanze nella vana speranza che gli alleati sbarcassero a Genova e li liberassero. Io mi unii ad altri quattro australiani, di cui uno venne poi giustiziato, insieme a quattro compatrioti, tutti disarmati, nelle montagne del Vercellese settentrionale (i corpi di questi cinque australiani furono esumati dagli abitanti del luogo all'inizio del 1945 e messi in un cimitero italiano, vicino a Portula). Dopo essere rimasti nascosti vicino alla cascina per sei settimane ed essere mantenuti con cibo e denaro dalla popolazione, ci divenne chiaro che non ci sarebbe stato uno sbarco alleato a Genova e che la lotta per estromettere le truppe tedesche dall'Italia sarebbe stata ancora ardua e lunga. Non arrivò neppure una guida, necessaria a condurci attraverso le Alpi in Svizzera, nonostante le promesse e i contatti speranzosi. Prendemmo allora la decisione di dirigerci a nord, anche senza aiuto, con la speranza che avremmo potuto trovare una guida idonea in qualche paese di montagna. Ci dirigemmo quindi a nord per alcuni giorni e alla fine raggiungemmo un rifugio in alta montagna occupato da alcuni ex soldati italiani nascosti. Qui ci rendemmo conto che i rischi per trovare il giusto passaggio in Svizzera in quel periodo dell'anno erano troppo grandi. Dirigendoci allora verso le colline pedemontane, dove faceva più caldo, io e i miei tre compagni venimmo a sapere che il passaggio in Svizzera era possibile in un'altra zona, cosi tornammo indietro verso le Alpi per scoprire che eravamo ancora una volta troppo in ritardo e che l'ultimo contingente era stato seriamente provato poiché due uomini erano morti per il mal di montagna a causa dell'altitudine. Disperati, ci dirigemmo a sud, ancora attraverso le pianure del Piemonte e oltre il fiume Po, nella provincia di Alessandria. Finora avevamo viaggiato con abiti civili dato che l'intenzione era di trovare o rubare una barca e raggiungere la Sardegna. Più ci avvicinavamo a Genova e più erano concentrate le truppe tedesche, in attesa - senza dubbio - di uno sbarco alleato. Senza denaro e cibo divenne difficile muoversi; anche la popolazione era molto nervosa e sotto costante minaccia dei tedeschi che, inoltre, avevano offerto ricompense per informazioni che conducessero alla cattura dei prigionieri di guerra evasi dai campi di concentramento: si decise di ritornare a nord. Diventò difficile trovare cibo e, poiché insieme eravamo troppo vistosi, ci dividemmo in coppie, sorteggiando un nome da un cappello.
Io sorteggiai William Wrigglesworth, un membro della mia unità dell'esercito, gli altri due erano Roger Wettenhall e Bert Ridgway. Il 24 novembre ogni coppia andò in direzioni diverse ma, fondamentalmente, a nord. Dopo alcune settimane Bert Ridgway si consegnò alle autorità a causa della sua salute compromessa. Roger Wettenhall fu fermato e arrestato dalla polizia italiana il 17 gennaio 1944 e, dopo l'interrogatorio al quartiere generale fascista di Vercelli, fu mandato in prigione a Novara dove, una settimana più tardi, fu preso dai tedeschi e portato a Milano e poi nello stalag V 11 a Moosburg, in Germania. Alla fine della guerra venne rimpatriato in Inghilterra e finalmente arrivò a casa, in Australia, dove tuttora vive, in un sobborgo di Melbourne.
Io e il mio compagno continuammo a vagare nella campagna a nord di Vercelli e ci dirigemmo gradualmente verso Domodossola, quando fummo intercettati da un membro di una organizzazione antifascista operante nella zona di Borgosesia. Venimmo portati in un campo fra le montagne, comandato da un patriota antifascista, Moscatelli. In questo campo incontrammo un altro australiano, di nome Frank Jocumsen, che avevamo conosciuto al campo Pg 57 vicino a Udine. Frank sarebbe diventato piuttosto famoso in quella zona, per le sue imprese contro il nemico. Io e i miei compagni lasciammo il gruppo di Moscatelli dopo un breve soggiorno; poiché non avevamo armi, fummo molto fortunati a evitare la cattura da parte dei fascisti mentre passammo per Borgosesia.
Qualche giorno più tardi giungemmo a Mezzana dove venimmo aiutati dalla famiglia di Cellio e Mariettina Confienza, i quali, in quel periodo, avevano due figli piccoli, Giacomo e Tiziano. Trascorremmo tre settimane a casa dei Confienza, dormendo di notte e nascondendoci di giorno sulle colline vicine. Poi, a causa dell'incrementata attività repubblicana ed alle frequenti fughe in quella zona, si rese necessario lasciare Mezzana e vivere in collina. I rifugi vennero costruiti in mezzo alla brughiera e fra gli alberi. L'erica venne impiegata per ricoprire il tetto ma anche come giaciglio: un capolavoro che orgogliosamente chiamammo "Australia house". Mezzana venne sottoposta ad una crescente pressione dovuta alle perquisizioni dei fascisti, disperatamente alla ricerca di due australiani che - sembrava - si trovavano sempre un passo più avanti, grazie ai preavvisi opportuni di Cellio e Mariettina, il cui coraggio fu incredibile e mai dimenticato. Dopo aver costruito i due rifugi, poi eliminati, dovemmo trascorrere un certo periodo di tempo in una grotta, fino a quando un abitante, insospettitosi, la scoprì e dovemmo, su consiglio di altri abitanti del paese abbandonare subito anche questo rifugio. In quel periodo si unirono a noi due soldati inglesi che erano stati catturati in Tunisia e che erano stati nascosti in un altro paese, dove un loro compagno e alcune persone che li avevano aiutati erano stati arrestati dai repubblicani. Temendo per la loro salvezza chi li aiutava decise che essi avrebbero vissuto nelle colline con noi due. Verso la fine di marzo 1944 decidemmo di allontanarci da Mezzana verso le "colline rosse": una valle profonda e appartata con un fiumicello fu individuata vicino a Rongio.Era l'ideale, e così si scavò un locale sotterraneo sul lato di una collina scoscesa, camuffata completamente con piante ed erba. La "trincea" fu chiamata "riposo dei vagabondi" e fortunatamente non fu mai scoperta. Cucinavamo solo di notte con un piccolo fuoco reso invisibile. Una stretta sorveglianza fu mantenuta dall'alba al tramonto, mettendo una sentinella su un albero della collina più alta: quando veniva avvistata una pattuglia nemica oppure una persona sospetta ci ritiravamo nella valle e restavamo nascosti fino a quando la via ritornava libera. I rifornimenti di cibo erano raccolti a Mezzana ogni domenica sera, il tutto organizzato attraverso la famiglia Confienza: per importanti ragioni di sicurezza solo poche altre gentili famiglie partecipavano a tutto ciò; i rischi di queste famiglie erano enormi. Viaggiare di notte lungo sentieri accidentati si rivelò molto difficile quando non c'era la luna, era un viaggio di oltre quattro ore e si verificarono molte cadute, per fortuna senza rompere le ossa.
Dopo il 15 marzo del 1944 provammo una grande delusione dopo che il leader britannico Churchill aveva anticipatamente dichiarato che il mondo sarebbe stato testimone del più grande evento della storia entro le "idi di marzo": senza dubbio faceva riferimento all'apertura del secondo fronte nell'Europa occidentale, che però non avvenne. Nonostante le difficoltà e la continua minaccia di cattura e la possibile condanna a morte, mantenemmo alto il morale, determinati a sopravvivere; avevamo anche pianificato un altro tentativo per la Svizzera qualora le condizioni si fossero rivelate idonee. Talvolta era necessario abbandonare "la trincea" a causa di piogge eccezionalmente abbondanti che bagnavano il giaciglio. Trovavamo allora rifugio nel fienile di una cascina, in attesa che la nostra dimora asciugasse. Dopo l'apertura del secondo fronte in Francia, nel giugno del 1944, ci unimmo alla Resistenza antifascista-antinazista, che era diventata attiva e cresciuta di numero, in seguito anche alla chiamata dei giovani alle armi nelle forze repubblicane, mentre questi decisero, al contrario, di diventare partigiani. Per noi era giunto il momento di evitare ulteriori avversità ed una eventuale cattura di quelle persone coraggiose che così prontamente avevano assistito noi e molti altri fuggiaschi. Io e William Wrigglesworth diventammo membri del distaccamento "Dellatezza", comandato da Giovanni Gniatti detto "Topolino", e adottammo rispettivamente i nomi di battaglia di Sidney e Melbourne. Anche se alcune armi erano state lanciate col paracadute nella zona, sfortunatamente ci vollero ancora alcune settimane prima che il distaccamento fosse completamente armato e in grado di organizzare una effettiva guerriglia contro il nemico fascista-nazista. In un primo tempo il "Dellatezza" aveva solo un fucile da caccia e un revolver per trentasei uomini, perciò era necessario il gioco del "gatto con il topo" per diverse settimane, per evitare di essere eliminati dai repubblicani; molte volte dovemmo ritirarci verso i pendii del monte Barone e trascorrere gelide notti ad una quota di oltre duemila metri. I primi mesi risultarono essere duri e difficili, era più un caso di sopravvivenza, comunque l'esistenza stessa della Resistenza costituì una grossa preoccupazione per il nemico. Furono necessari forti presidi repubblicani a Valle Mosso e a Cossato per "mantenere l'ordine" e far lavorare le industrie. I partigiani attaccarono ripetutamente le linee di approvvigionamento nemiche tenute sotto pressione dai presidi. A poco a poco le linee nemiche di rifornimento vennero rafforzate dall'uso di veicoli armati nelle colonne, ciononostante i partigiani continuarono ad attaccare in ogni occasione. Intanto fu paracadutata nella zona la British mission per il Nord Piemonte, al comando del maggiore Mac Donald, e per la Resistenza fu possibile il contatto radio con le forze alleate e vennero fatti più frequenti lanci di armi, consistenti in mortai, mitragliatrici, armi automatiche leggere, bombe a mano ed esplosivi. Gradualmente la Resistenza divenne una vera forza di combattimento e una vera minaccia per il nemico.
Sfortunatamente i civili dovettero sopportare le rappresaglie e le atrocità loro inflitte; le case vennero bruciate ed anche i paesi indifesi subirono il bombardamento aereo della Luftwaffe tedesca. Molte persone vennero imprigionate, alcune giustiziate per aver aiutato i partigiani. I soldati nemici presero spesso degli ostaggi allineandoli al muro e minacciandoli di morte se fossero stati attaccati dai partigiani. Questa tattica frustrò abbastanza la Resistenza, tuttavia non vennero risparmiati attacchi al nemico, quando possibile. Furono organizzati scioperi nelle fabbriche per ostacolare gli approvvigionamenti al nemico, questi scioperi ebbero però vita breve a causa delle crudeli rappresaglie contro gli sfortunati lavoratori. Con le battaglie dell'autunno-inverno e la mancanza del riparo degli alberi, il nemico iniziò un forte rastrellamento nella zona, con forze di gran lunga superiori, allo scopo di eliminare i partigiani. La 110a brigata "Fontanella" ritirò allora le proprie forze e le disperse nella pianura del Piemonte. Il mio, con altri distaccamenti, si diresse ad est, attraverso il fiume Sesia, poi voltò a sud verso la pianura. Solo di notte venivano effettuate lunghe, estenuanti marce, mentre durante il giorno restavamo nascosti nelle cascine. Divenne difficile ottenere il cibo e così si sperimentarono alcuni giorni di autentica fame; dove possibile, si comperava il cibo nelle cascine. La situazione divenne estremamente critica a causa della neve, del ghiaccio e del freddo intenso. Il distaccamento "Dellatezza" fu spesso sotto pressione, e fronteggiò persino l'attacco nemico trascinandosi lungo i fossi di irrigazione e tenendosi nascosto a soli duecento metri da uomini dell'organizzazione tedesca Todt che riparavano il ponte dell'autostrada sul Sesia, che era stato bombardato.Dopo alcune settimane ritornammo nella nostra zona operativa per continuare gli attacchi contro le guarnigioni; in tutto, ero stato coinvolto in tre ritirate verso la pianura.
Finalmente
gli Alleati attraversarono il Po ed il generale Mark Clark, comandante in capo degli Alleati in Italia, chiese alla popolazione di insorgere e disturbare la ritirata del nemico. Dopo questa richiesta la Resistenza divenne molto aggressiva e attaccò in continuazione il nemico. I repubblicani si arrendevano ovunque e le forze tedesche vennero completamente intrappolate. La brigata "Fontanella" insieme alla brigata comandata da Moscatelli occupò la città di Vercelli il 26 aprile 1945; ci fu solo una simbolica resistenza, dato che i tedeschi si erano ritirati ad ovest e avevano innalzato una linea lungo il canale Cavour. Le due brigate partigiane organizzarono una marcia della vittoria il 1 maggio 1945 per Vercelli e, attraverso la folla festosa, raggiunsero il centro città dove vennero tenuti discorsi da entrambi i comandanti militari e politici. Appena dopo la mezzanotte del 2 maggio, unità motorizzate della 5a Armata americana, aiutate dalla fanteria, entrarono in Vercelli e in pochi giorni tutte le forze tedesche si arresero. Improvvisamente la guerra in Italia era finita, la crudeltà e il male finirono, ma il dolore, la tristezza e le cicatrici sarebbero rimaste a lungo. Nel maggio 1945 lasciai le formazioni partigiane e divenni membro della British mission per il Piemonte settentrionale. Dopo alcune settimane e molti tristi addii con le famiglie e gli amici che avevano fatto così tanto per la mia sopravvivenza e quella di William Wrigglesworth, raggiunsi l'Inghilterra con un "Liberator" da Napoli, il 22 giugno 1945. Poi mi riunii ai miei familiari a Melbourne, l'8 settembre 1945, dopo essere stato dichiarato "morto presunto" per due anni e dopo un'assenza di quasi cinque anni.
Ora vivo vicino a Melbourne, in pensione dal 1983 dopo aver lavorato in un'industria automobilistica. William Wrigglesworth, mio fedele compagno, morì il 25 maggio 1987 per un attacco cardiaco, all'età di 70 anni, dopo aver sofferto per molti anni di malattie cardiache.
Espressi grande ammirazione per i civili italiani che mostrarono coraggio e resistenza durante la sofferenza della rappresaglia e i maltrattamenti causati da un nemico spietato; il loro esempio rafforza certamente il coraggio e la volontà di tutte le forze partigiane.
Rendo ora un omaggio particolare a tutte le persone che rischiarono gravi pene se sorpresi ad aiutare i prigionieri di guerra evasi, ed in particolare Cellio e Mariettina Confienza, i quali, con grave rischio, furono gli organizzatori principali del mio mantenimento e di quello dei miei tre compagni per cinque mesi. Cellio Confienza che fu anche partigiano, morì per un attacco cardiaco, a Lima, il 4 gennaio 1962, all'età di soli 54 anni; sua moglie Mariettina vive ancora a Lima con il figlio più giovane, Tiziano. Infine un ringraziamento alla famiglia Zampese di Scoldo, che mi prese a cuore e mi trattò come un suo membro e all'amicizia così generosamente e calorosamente offerta dalla gente, nonostante i terribili rischi corsi, che rese possibile la mia sopravvivenza durante un periodo molto pericoloso della mia vita.

Traduzione di Lauretta Milanaccio



[1] Questo articolo è stato pubblicato con il titolo di “Un australiano tra i partigiani biellesi”in"l'impegno", a. IX, n. 1, aprile 1989 © Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli. . Ci si avvale della clausola che è consentito l'utilizzo solo citando la fonte.