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lunedì 6 novembre 2017

Giuseppe Chiostergi, la sua prigionia in Germania

Volontario in Francia, con l'uniforme Francese, ma Italiano, il garibaldino Giuseppe Chiostergi viene raccolto ferito sul campo bel gennaio 1915 e curato. Poi viene portato in un campo di concentramento tedesco e la sua posizione di Italiano viene attentamente vagliata. Il rischio era di essere fucilato come franco tiratore. Venne interrogato richiesto di dare la sua esatta posizione con domande precise.

"In realtà, la risposta di Chiostergi era stata assai più esplicita, mediata e dettagliata, ed aveva incominciato affermando che il popolo italiano non si sentiva affatto legato alla Triplice alleanza, ma soltanto la Monarchia.
Così egli venne rinchiuso in cella di rigore e privato della corrispondenza e dei pacchi viveri, talchè, con la segregazione soffrì anche la fame, cui si aggiungono l'8 maggio le sofferenze per una nuova operazione e qualche disturbo agli occhi.
La punizione allora pareva atroce; nella seconda guerra mondiale i nazifascisti andavano più per le spicce. Quella del 1915 – 18 seguì ancora un pò la vecchia tradizione, anche se non fu del tutto come disse a Piero Pieri uno storico austriaco "l'ultima guerra dei cavalieri!".
A Chiostergi, in cella, viene concessa la visita settimanale del cappellano militare, Padre Daniele Feuling, col quale discute di filosofia e di religione. Intanto, da un ritaglio di giornale del 24 maggio, apprende che l'Italia è entrata in guerra e che la sua Senigallia è stata bombardata. Per tramite del sacerdote, riesce ad avere in pochi giorni la notizia che la sua casa è andata completamente distrutta, ma che la famiglia è salva. E la famiglia apprende così che egli è ancora vivo!
Il 7 luglio, lascia la cella di Karlsruhe ed è trasferito all'infermeria del campo di Heuberg, presso costanza, nel Baden, dove, fino a settembre, continua ad essere trattato duramente e soffre la fame, dato che ancora non può ricevere pacchi e gli è proibito ogni contatto coi prigionieri francesi. Riesce però a far passare una lettera al Comitato internazionale della Croce Rossa al quale, nello stesso tempo si era rivolta anche la fidanzata. Un telegramma dell'allora presidente Gustave Ador ebbe l'effetto desiderato: Chiostergi, riconosciuto prigioniero di guerra, fu rimesso coi prigionieri francesi verso la fine di settembre e potè finalmente ricevere i pacchi viveri, sia direttamente dalla famiglia, sia per tramite dei comitati svizzeri. Anche la corrispondenza si fece più regolare: aveva diritto a scrivere quattro cartoline e due lettere al mese, e la fidanzata potè rompere il divieto di scrivere più di una volta alla settimana.
Nel frattempo, trattative s'intrecciano fra il papa Della Chiesa, Benedetto XV (succeduto nel settembre 1914 a papa Sarto, Pio X), i belligeranti, la Svizzera e il Comitato della Croce Rossa internazionale per uno scambio di prigionieri grandi invalidi purchè dichiarassero di non riprendere le armi e fossero internati in paese neutrale. La gravità della ferita alla spalla è tale che Chiostergi può ritenersi permanentemente invalido di guerra ed essere compreso nello scambio dei grands blessés da internarsi in Svizzera. Il 15 marzo 1916, scrive di aver avuto la visita della Commissione medica svizzera con risultato favorevole. Alla designazione non deve essere stata estranea Enrica Bignami, madrina spirituale durante la prigionia, preziosa collaboratrice per la trasmissione di lettere e pacchi.
Il 23 maggio Chiostergi lascia Heuberg diretto a Costanza. L'ultima lettera, scritta al momento della partenza, reca la frase "auguri dal censore" accanto alle sue solite iniziali: per parecchi mesi questo si era letto un romanzo d'amore, sopportando la scrittura microscopica con la quale il prigioniero rimediava alle limitazioni imposte dal regolamento.
Il 25 maggio 1916, Chiostergi arrivava a Martigny, nel Vallese, insieme con un numeroso gruppo di prigionieri francesi, accolti con delirante entusiasmo dalla popolazione che contava, e conta ancor oggi, molti italiani o oriundi italiani che aprirono al garibaldino la loro casa.
Gli internati abitavano all'Hotel Clerc. Per ogni soldato il governo francese pagava quattro franchi svizzeri al giorno.
Elena, da Pisa, dove era stata trasferita, lo raggiunse abbandonando l'insegnamento. I due si sposarono. A Ginevra nacquero due figlie, Eugenia, Enrica, Vittoria il 26 aprile 1917 e Bianchina il 1° aprile 1921. L'epidemia di epatite infettiva del 1923 colpì le due bimbe e si portò via Bianchina il 2 dicembre. La maggiore è sposa a Ginevra, con due figli.
L'ozio forzato di Martigny pesava troppo a Chiostergi. Nell'ottobre 1916 ottenne di trasferirsi a Ginevra e di lavorarvi quale Cancelliere della Camera di Commercio italiana per la Svizzera, alla quale, per dieci anni, doveva consacrare la sua attività.

Fu il primo soldato in divisa che Ginevra, neutrale ma francofila, vide dall'inizio della guerra: lo accolse con festosa sorpresa e gli matenne poi sempre la sua simpatia."