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domenica 20 aprile 2025

Volume: Africa Orientale Italiana 1935 -1940 Impero: Tra Realtà e Propaganda 1935 -1940. Prefazione

 Si riporta la Prefazione del Collegio dei Redattori della Rivista " QUADERNI DEL NASTRO AZZURRO"  al volume in oggetto.



Prefazione

Lo studio della prigionia di guerra presuppone sempre l’analisi fattuale dei precedenti cicli operativi che hanno dato origine alla prigionia stessa. Non fa eccezione la prigionia italiana in mano britannica, in particolare in Kenya, nella seconda guerra mondiale. Pertanto è stato quindi conseguente prendere in esame gli avvenimenti che si sono svolti dal 1935 al 1940 in Etiopia, ma anche in Eritrea, e Somalia, territori che all’indomani dei medesimi si denominò Africa Orientale Italiana (A.O.I.). L’arco di tempo considerato si conclude con la vittoria dei Britannici che accettarono la resa delle truppe italiane in A.O.I. che furono avviati in prigionia. Il presente volume è il primo che viene edito a premessa di quello che descriverà la prigionia in Kenya. E’ una pagina di storia militare italiana molto interessante. Le premesse sono esaltanti: tutto iniziò con l’attacco all’unico stato sovrano africano, presente alla Società della Nazione con una guerra che ebbe dei risvolti degni di nota. Non fu lesinata nessuna risorsa. L’aspetto del sostegno logistico fu da manuale: al soldato italiano in questa guerra non mancò nulla ed ebbe tutto se non in abbondanza almeno più che sufficientemente, anche operando in un terreno non certo facile e di scarse risorse locali. Anche sotto il profilo psicologico ebbe un sostegno particolare: tutta la Nazione diede il suo sostegno. La vittoria conseguita sul campo si tramutò in un trionfo e, come è stato ampiamente documentato da Renzo de Felice, il regime ebbe i suoi anni del consenso, consenso di ampissima portata e che non riuscì a ripetere negli anni successivi con le altre iniziative sia di politica interna che estera. Su questo successo del regime occorre ritornare a riflettere. Sulla base dei documenti di archivio, lasciate dagli stessi protagonisti e disponibili fin dagli anni ’80 del secolo scorso, si deduce che la realtà nel nostro Impero non era quella che si credeva. La stessa guerra, condotta da colui che al ritorno fu osannato come uno dei generali più capaci della nostra recente storia militare, nelle sue reali dimensioni non sembra essere quella che fu presentata. Lasciata Etiopia dopo aver conquistato la capitale e solo il 10% del territorio, Badoglio non era riuscito ad annientare e distruggere il grosso delle forze armate etiopi, che rimasero in armi ed alimentarono una guerriglia che praticamente non fu mai estinta. La presenza italiana nel territorio sotto il profilo politico, amministrativo, economico, sociale lascia molte ombre, anche considerato che siamo ancora in una era il cui colonialismo europeo, seppure al tramonto, giustificava politiche non certo apprezzabili ed esaltati di esercizio del dominio. La missione di civiltà che l’Italia si era incaricata di svolgere in Etiopia, così come nelle altre colonie, ovvero in Eritrea e in Somalia, era più sulla parola che nei fatti. Nell’immaginario collettivo i soldati che lasciano il fucile per prendere il piccone e la carriola per costruire strade ebbe effetto sulla pubblica opinione italiana di allora, ma spesso queste strade dovevano essere costruite per lo spostamento di truppe, e quindi per il controllo del territorio, che altrimenti rimaneva                      in mano alla formazioni ribelli che facevano capo al Negus riparato all’estero. Esistono tanti spunti della nostra presenza in Africa Orientale Italia in cui esiste un divario tra quanto si raccontava e quanto la relata dettava. Scostamenti che emergono in maniera evidente dalla consultazione delle carte di archivio lasciate dai protagonisti di allora, ma non solo quelli di vertice, anche dai coloro che svolgevano funzioni dirigenziali, direttive ed esecutive. Scostamenti evidenti che, se messi in sistema, fanno emergere una realtà, che ovviamente non è conosciuta nei suoi dettagli, che fa apparire la narrazione che conosciamo di questi avvenimenti, tutta basata sulla propaganda, non accettabile. Il volume pone l’accento, sempre attingendo dalle carte dei protagonisti di vertice italiani della ribellione etiope, che nella sostanza è la difesa di uno Stato sovrano dalla occupazione straniera, e, soprattutto, dal regime di occupazione instaurato. Una ribellione, che possiamo chiamare senza pudori resistenza alla presenza italiana che porta pagine che, a parti invertite, saranno scritte in Italia nei territori sotto occupazione tedesca. Il volume, quindi, vuole offrire materiali documentari per comprendere le orgini della prigionia italiana in mano britannica, con una analisi della situazione che prescinde dagli aspetti militari, che saranno trattati nel prossimo volume.

Il Collegio dei Redattori

  della RIVISTA “QUADERNI

 

 

 

 


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