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martedì 8 maggio 2018

I PRIGIONIERI DI GUERRA ITALIANI DELLA FRANCIA LIBERA.


SECONDA GUERRA MONDIALE
PRIGIONIA ITALIANA IN MANO ALLEATA


  di Francesca Rossi
      
              
Secondo gli studi di Flavio Conti i prigionieri di guerra italiani catturati dalla Francia al fianco degli Alleati furono complessivamente 67.000, ma secondo gli studi e le fonti francesi, il loro numero aumenterebbe a oltre 71.300.
 Indipendentemente dal numero, i prigionieri di guerra in mano alle Forze Combattenti di De Gaulle presentano numerose peculiarità, innanzitutto a livello di giurisdizione internazionale: la Francia Libera non era, infatti, un paese ufficialmente riconosciuto, ovvero le forze gaulliste erano considerate un’entità combattente rivoluzionaria e secessionista. Teoricamente questo fatto poneva in generale i prigionieri in mano francese al di fuori della tutela delle Convenzioni di Ginevra del 1929 che, tra le altre, regolavano la prigionia di guerra.
Inoltre, fatto non secondario, la Francia gaullista non era in guerra con l’Italia, ovvero non ci fu mai una dichiarazione ufficiale di guerra tra le due forze, né prima né dopo la caduta di Mussolini. L’Italia mussoliniana era in guerra con l’Inghilterra e con gli Stati Uniti d’America accanto ai quali le truppe della Francia Libera combattevano, ma a livello internazionale i rapporti tra italiani e francesi, almeno fino alla caduta del fascismo, erano regolati dall’armistizio del 1940 con la Francia di Vichy. Di conseguenza tra la Francia Libera e l’Italia fascista non intercorrevano normali rapporti diplomatici.
La situazione si aggravò con la caduta del fascismo nel 1943 che portò da una parte alla completa interruzione dei rapporti diplomatici tra i due paesi e dall’altra alla cobelligeranza.
In questa situazione politica si vennero a creare un vuoto a livello giuridico- diplomatico e una forte ambiguità riguardo lo status e la tutela dei prigionieri di guerra in generale; condizioni aggravate dalle peculiarità storico-belliche della Francia e dell’Italia e dai rapporti che tra questi due paesi intercorsero durante la Seconda Guerra Mondiale.

A livello giuridico come venne risolata l’ambiguità dello status dei prigionieri di guerra, in particolare quelli italiani, in mano della Francia gaullista? In che modo e chi riempì il vuoto diplomatico venutosi a creare nei rapporti tra Francia e Italia?
Questa tesi vorrebbe affrontare l’analisi di questi due quesiti, soffermandosi esclusivamente sulla questione dei prigionieri di guerra italiani della Francia Libera, in quanto gli internati civili e i prigionieri della Francia prima dell’armistizio del 1940 sono inquadrati in altre logiche.
Un primo capitolo partirebbe dall’analisi della condizione giuridica, oltre che materiale, dei prigionieri in Africa del Nord. Ci si soffermerebbe inoltre sulle peculiarità della cattura di alcuni: dei circa 40.000 prigionieri italiani in mano francese, circa 15.000 non furono direttamente catturati, ma gli furono ceduti dagli angloamericani.
Seguirebbe un secondo capitolo riguardante i territori della Francia nazionale dopo la liberazione del 1944. Si analizzerebbero le modalità di cattura (i francesi presero sotto la propria custodia i prigionieri italiani precedentemente catturati dai tedeschi) e le conseguenze giuridiche che ciò comportò.
Per entrambe i capitoli, inoltre, si cercheranno di individuare le istituzioni e gli interventi a favore di questi prigionieri; oltre ai vari organi statali, si presuppone l’operato della Santa Sede e della Croce Rossa Internazionale.  A tal fine l’analisi partirebbe dallo studio della documentazione custodita presso gli archivi militari francesi di Vincennes; in particolare della serie P riguardante la Seconda Guerra Mondiale si andrebbero ad analizzare le sottoserie relative alla Francia Libera prima in Africa e poi in Francia.
Infine, questa tesi verrebbe conclusa da un terzo e ultimo capitolo riguardante la memoria pubblica e privata dell’esperienza della prigionia in mano francese, tramite la lettura della memorialistica pubblicata e l’analisi dell’operato delle associazioni di reduci (primi fra tutti il “Toppa Club” e l’Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia). 

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