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giovedì 10 settembre 2015

Prima Guerra Mondiale Prigionia in Austria Ungheria Campo di Edger

Campo di concentramento di
EGER











Dati sulla cittadina di Eger - Ungheria 

Geografia

La città sorge nella valle del fiume Eger (affluente di destra del Tibisco), tra iMonti Mátra a ovest, ed il massiccio del Bükk a est. Nella Ungheria Settentrionale, Provincia di Heves. Superficie 92,24 km2 Abitanti circa 56.000

Storia

Il nome ha etimologia incerta. Nel X secolo era abitata da gruppi di tedeschi,slavi e avari. Qui il re Stefano il Santo vi fondò un vescovado (con sede sull'attuale collina del castello). Il grande periodo di fioritura fu però il XIV-XVI secolo, periodo in cui la regione di Eger inizia anche ad essere famosa per la produzione vinicola.
Piazza Dobó e castello.
Ai tempi di Mattia Corvino, Eger fu sede di una vera e propria corte umanistica internazionale, ad opera di arcivescovi come Ippolito d'Este, al cui servizio era anche Ludovico Ariosto che tuttavia si rifiutò di seguire il suo signore in Ungheria. Nel 1552 la città riuscì a resistere ad un assedio dei Turchi, che riuscirono però a prendere la città nel 1596.
La storia dell'assedio del 1552 è narrata in un romanzo molto conosciuto e letto ancora oggi nelle scuole ungheresi: Le stelle di Eger, di Géza Gárdonyi. La dominazione ottomana e le guerre crociate ridussero notevolmente la ricchezza della città, che fu poi ricostruita a partire dal XVIII secolo, soprattutto ad opera degli arcivescovi (soprattutto ad opera di Károly Eszterházy, a cui si deve la riorganizzazione urbanistica e la costruzione del Lyceum, imponente edificio che il prelato sperava di adibire a sede di università dell'est dell'Ungheria).
Nuove distruzioni furono causate durante gli ultimi anni della Seconda guerra mondiale, quando la città fu più volte bombardata.

Turismo

Eger è conosciuta principalmente per il suo castello, ricordo della lotta contro i turchi, i bagni termali, e le numerose costruzioni storiche fra cui il minareto turco più a nord d'Europa esistente.

Economia

Eger è un importante mercato agricolo con industrie del tabacco ed enologiche. È famosa la produzione di vini rossi: Egri Bikavér (Sangue di Toro) e Egri Leányka (Ragazza di Eger).


venerdì 4 settembre 2015

I Caduti in prigionia della Prima Guerra Mondiale: una realtà nascosta

Una Memoria mai esistita.
Apriamo le Porte della Memoria
 ai 100.000 Prigionieri Caduti della Prima Guerra Mondiale

In merito al tema della Memoria, occorre attirate l’attenzione su un dato che è caratteristico dell’Italia e di noi italiani. Il nostro Paese ha sempre negato la memoria dei Prigionieri di Guerra della Prima Guerra Mondiale. Nella nostra opinione pubblica, nella nostra coscienza nazionale, nella nostra Storia questa memoria è completamente assente. Questa memoria non è mai esistita. I nostri 600.000 prigionieri in mano alla Germania ed all’Austria-Ungheria, guerra durante sono sempre stati considerati come dei “Peccatori contro la Patria”. Questo concetto, di derivazione  d’annunziana, si è talmente radicato che al momento della Vittoria, il generale Diaz ideò e predispose un piano per non far rientrare i Prigionieri Italiani in Italia, ma deportarli direttamente in Colonia, in Libia, In Eritrea ed in Somalia. Se si può fare un paragone, l’Italia ebbe per i prigionieri all’indomani della fine della guerra  un atteggiamento ed un approccio simile a quello di Stalin: per il dittatore comunista i prigionieri in mano dei nazisti erano dei traditori, che avevano abbandonato il loro posto senza combattere. Ed infatti, al pari di Diaz, non li volle reinseriti nella vita sociale e li fece deportare tutti in Siberia, nei sui campi di concentramento, nei noti Gulag. A Stalin il piano riuscì, a Diaz no; il collasso delle strutture statuali austriache e tedesche permise ai prigionieri di raggiungere l’Italia, accolti dai Carabinieri che davano loro la caccia. Andranno ad ingrossare le file del malcontento in quella atmosfera di “vittoria mutilata” che generò il fascismo. E tanti prigionieri sfogarono il loro rancore contro la Patria militando proprio nelle file delle più violente squadracce fasciste.
Una Memoria persa che non ricorda i 100.000 morti in prigionia: infatti da sempre in Italia si ricordano i 600.000 Caduti della Prima Guerra Mondiale, omettendo nel conto quelli che morirono in prigionia. Correttamente si dovrebbe dire i 700.000 Caduti della Prima Guerra Mondiale, ma prima il Fascismo, che li negò con tutte le sue forze nel turbinio della esaltazione del valore patriottico della guerra mondiale, poi la distratta Italia repubblicana, questi 100.000 morti non sono nemmeno citati. Una memoria persa. Che nasconde un altro grande dramma, a cui dedicheremo spazio su questa rivista, del perché si ebbero questi 100.000 morti. E la causa non fu il “cattivo” tedesco” ma ha nomi precisi, italiani, come Cadorna, e Sidney Sonnino in prima fila. E si compara il dato che sia nella prima guerra mondiale che nella seconda in Germania avemmo grosso modo lo stesso numero dei prigionieri, come mai nella Prima Guerra Mondiale ne morirono 100.000 e nella seconda, nelle mani dei feroci e sanguinari nazisti, 43.000?   
Una memoria che non è mai esistita. Non si deve nemmeno prendersi il disturbi di conservarla, perché non c’è mai stata.
Nell’anniversario del prossimo anno, e del 1915, nel centenario della i Guerra Mondiale, e già si annunciano manifestazioni a tutto spazio sullo stile e spessore di quelle per il 150° dell’Unità d’Italia, nel mare di retorica, di falso pacifismo, di esaltazione delle eroiche gesta, si auspica che si crei, si costruisca si alimento questa memoria di 100000 Italiani Caduti per la loro Patria.

Una memoria da costruire, non da alimentare. Un sfida quasi impossibile non solo da vincere, ma solo da proporre. Ma una sfida che vale la pena di lanciare, affinchè si aprano le Porte della Memoria per una pagina della  nostra storia della Prima Guerra Mondiale che è stata scritta, per dirla con Umbero Eco”, nell’isola che non c’è.
Massimo Coltrinari
(massimo.coltrinari@libero.it)