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martedì 18 febbraio 2020

14156° Reggimento Brigata Alessandria 21 maggio 1917


PIETRO BONCI
RELAZIONE PRIGIONIA

RELAZIONE DEL TENENTE LO GATTO SIG. ETTORE
Azione militare
La mia cattura avvenne il mattino del 21 maggio 1916 a Costesin nel Trentino. Partito in camion da Trivignano il 19 arrivai a Ghertele la sera del 20; era con me solo un numero esiguo di uomini del mio plotone: gli altri seguivano in altri camions. Appena disceso al Ghertele ebbi ordine di recarmi immediatamente con gli uomini che erano con me a Mandriele dove avrei trovato il mio capitano che era arrivato prima e che mi avrebbe dato indicazioni ed ordini. Durante la via tra Ghertele e Mandriele si unì a me un altro ufficiale della compagnia sottotenente Vincenzo De Simone che aveva con sé altri uomini della compagnia. Arrivati al Mandriele non trovammo alcuno. Allora io mi avviai per la via di Campo Rosà, seguendo le indicazioni di un piantone del Comando di Mandriele, il quale ci disse che tutta la truppa in arrivo doveva avviarsi in quella direzione. Lungo la via trovammo il capitano che risaliva per accompagnarci giù. Passammo la notte completamente allo scoperto, ignari del tutto del punto preciso dove ci trovavamo. Non sapevamo altro che a Costesin avremmo trovato il Colonnello signor Menzinger, comandante del 2° battaglione che avrebbe disposto di noi. Il capitano ci disse che la prima linea era lontano almeno un chilometro ancora. A me disse di avere avuto l'impressione che la situazione doveva essere grave, ma di non saper altro. Verso l'alba egli con gli altri ufficiali e soldati della compagnia ed altri ufficiali del battaglione, per ordine ricevuto, si recò in ricoveri  coperti. Mi recai anch'io da lui per aver ordini. Nei ricoveri non c'era posto per i miei uomini (meno di una trentina). Il capitano mi ordinò di farli avvicinare per quanto fosse possibile al costone per proteggerli dal bombardamento nemico che era incominciato  e infuriava violentissimo. Invitò me a restare nel ricovero, potendo le due squadre presenti restare affidate ai graduati. Preferii restare allo scoperto con i miei uomini. Unico riparo dalla schegge dei proiettili mi diedero alcune tavole appoggiate al costone. Il bombardamento, quasi affatto controbattuto dalla nostra artiglieria, infuriò per circa 2 ore. Oltre i miei uomini si trovavano completamente allo scoperto uomini del 2° battaglione e vari ufficiali. Il colonnello Sig. Menzinger ed altri ufficiali del 2° battaglione erano alla mia destra alla distanza di un centinaio di metri dal punto dove io mi trovavo e dove cadevano proiettili senza tregua: seppi appena preso prigioniero, che essi erano stati uccisi da colpi di granata. Sulla mia sinistra, poche decine di passi cadevano due ufficiali della 10^ compagnia, i  sottotenenti Bozza e Ferrero anch'essi  rimasti in attesa di ordini e che al primo apparire degli austriaci tentarono una difesa disperata. Era impossibile muoversi e del resto c'era stato dato ordine di non muoverci in attesa di ordini. Verso le sette cominciò  il fuoco di mitragliatrici e di fucileria. Fui sorpreso di sentire i colpi vicinissimi, sapendo che la prima linea doveva essere almeno un chilometro avanti a noi. Proiettili arrivavano intanto da destra e da sinistra. L'azione fu rapidissima, fulminea. Balzai in piedi, disperato della situazione in cui mi trovavo, nell'impossibilità di opporre un'ordinata ed efficace resistenza. Un ufficiale di altro reggimento che si era fermato un momento sotto le tavole che mi riparavano, cadeva colpito a pochi passi da me. Intanto dal costone gruppi di ufficiali urlavano: siamo circondati e alzavano le mani. Il fuoco sui fianchi incalzava. Mitragliatrici e artiglieria - soprattutto questa - avevano già ucciso e feriti parecchi dei miei. Quelli che erano sulla sinistra, circondati rapidissimamente dagli austriaci, dopo aver tentato una prima resistenza con i fucili, soverchiati, si arrendevano. Non era neppure possibile ritirarsi per il fuoco allungato dell'artiglieria che batteva il sentiero palmo a palmo. Intorno a me non erano rimasti che cinque uomini: ordinai loro di gettare le armi e di alzare le mani perché non vi era altro scampo da una sicura morte in una difesa inutile. Io sparai  contro gli austriaci a pochi passi i colpi della mia pistola ma non potei fare altro. Corsi verso il costone ma l'azione si era svolta fulminea ed anche nel camminamento sulla sinistra, che credevo nostro, era piazzata una mitragliatrice austriaca. Due soldati nemici mi puntarono le baionette nel ventre gridandomi di gettare via la baionetta che avevo ancora al fianco e la pistola. Altri soldati erano ormai dietro di me. Consegnai la pistola ad un Fahnrich[1] la baionetta mi fu strappata violentemente. Non mi fu possibile prima di essere preso, arrivare fino al ricovero dov'era il mio capitano e gli altri ufficiali. Seppi poi che erano stati circondati e fatti prigionieri. Appena arrivato al comando austriaco seppi che prima di me era stato circondato il comandante del 162° Reggimento Fanteria, presso il quale si trovava anche il colonnello del mio reggimento e che era situato alle mie spalle. Solo i due colonnelli riusciranno a sfuggire all'accerchiamento, secondo quanto mi fu narrato. I due aiutanti maggiori in I^, Capitano Comanducci Sig. Renato (del 156°) e Capitano Rolando (del 162°) furono presi prigionieri prima di me insieme agli ufficiali medici dei posti di medicazione, anch'essi situati dietro di me.




[1]Portabandiera (N.d.c.)

sabato 8 febbraio 2020

Prigionia Negli Stati Uniti 1.


Token Money
dell’Amm. Gino Galuppini
a cura di Giovanni Cecini[1]

Nei circa 5 anni trascorsi come prigioniero di guerra sono stato ospitato in diversi campi: uno in Egitto all’inizio, il campo di Geneifa nel luglio-agosto 1940, tre in India e, infine uno ancora in Egitto al rimpatrio.
Nei campi di più lungo soggiorno, cioè in India, circolava una specie di moneta, detta dagli inglesi “Token Money”.
I primi ufficiali dell’Esercito, dell’Aeronautica e della Marina catturati sul fronte libico e nel Mediterraneo, dopo pochi giorni passati ad Alessandria, erano stati trasferiti in un campo, ancora in costruzione nella località di Geneifa, ultima stazione prima di Suez della ferrovia Alessandria-Suez, in una zona desertica accanto al canale omonimo.
A tali prigionieri, in data 23 luglio 1940, si aggiunsero una ventina di ufficiali del Regio Incrociatore Colleoni, affondato il 19 luglio 1940, e rimasti ad Alessandria, alloggiati in una caserma, nei giorni 20-22 luglio.
Non ricordo se a Geneifa circolasse moneta: quello che mi ricordo perfettamente è che in tale campo non esisteva uno spaccio, quindi il denaro non serviva.
Viceversa sul piroscafo Rajula sul quale imbarcammo il 23 agosto per essere trasferiti in India, ci fu data una piccola somma di denaro in base al grado rivestito, con la quale si poteva comperare un’aranciata a fine pasto.
Questo denaro era in moneta corrente: Sterlina, Scellini e Pence.
Giunti in India, non essendoci campi per prigionieri, venimmo ospitati nel “Central Internment Camp” di Ahmednagar, dove dal settembre 1939 erano rinchiusi i civili tedeschi, e dove dal 10 giugno 1940 gli internati italiani, inclusi sia i missionari, sia lo stesso Delegato Apostolico monsignor Scuderi, e dove dal 15-18 giugno erano stati rinchiusi gli ufficiali ed equipaggi dei sommergibili catturati nel Mar Rosso nei primi giorni di guerra.
Il campo dei prigionieri di guerra era completamente separato da quelli degli internati, che non si potevano nemmeno vedere, ma vi era uno spaccio e tutti, inclusi i sottufficiali e i marinai, ricevevano una “paga” in base al grado rivestito.
Inizialmente anche nel campo dei P.O.W. [Prigionieri di Guerra] circolò la moneta in uso per gli internati: vedasi biglietto rosa da 2 Annas intestato:

CENTRAL INTERNMENT CAMP
AHMEDNAGAR

Poco tempo dopo entrò in servizio un altro tipo di carta moneta che oltre al Central Internment Camp portava la scritta a stampa:

PERSONAL ALLOWANCE ITALIANS INTERNEES

oltre alla quale, per l’uso a parte dei prigionieri di guerra era aggiunto con timbro stampa:

SERVICE OF PRISONERS OF WAR
[vedasi banconota da una rupia]

Infine la banconota in uso per gli internati furono eliminate e sostituite da altre in carta bianca invece che rosa con la scritta:

SERVICE OF PRISONERS OF WAR
[vedasi banconota da 1 Anna]

Questo tipo di moneta però ebbe breve vita, perchè dopo la prima ritirata sul fronte libico i prigionieri furono catturati a migliaia e per loro furono costruiti appositi campi a Ramgharh e a Bhopal.
I circa 30 ufficiali e 450 marinai da Ahmednagar furono trasferiti a Ramgharh e sistemati insieme agli ufficiali e soldati dell’Esercito. In questo campo circolò brevemente una moneta simile a quella precedentemente citata, però con la scritta:

No.1 INTERNMENT CAMP
RAMGHAR
SERVICE OF PRISONERS OF WAR
[vedasi banconota da 1 Anna]

Si mette in rilievo la scritta “INTERNMENT CAMP” e non “PRISONERS OF WAR” e inoltre la firma di un maggiore in basso a sinistra.
La ragione di questa firma è che da un’organizzazione civile si era passati ad una organizzazione militare, quindi l’autorità militare ritenne che sulla cartamoneta vi fosse la firma del “PRESIDENT REGIMENTAL INSTITUTE” in inglese abbreviato in “PI” AR “AI” italianizzato in PIERAI o PIORAI, la più alta autorità del campo, col grado di maggiore.
Come risulta venne ancora impiegata la dizione:

N. 1 INTERNMENT CAMP

e la cartamoneta era stampata su carta bianca con formato simile a quello impiegato per gli internati, ma questo fu di breve durata, perchè dato il numero di “utenti”, dai biglietti su carta si passò a una vera e propria cartamoneta, con fondo stampato a vari colori a seconda del valore e la scritta in caratteri bianchi:

PRISONERS OF WAR
CAMP

E sotto, più in piccolo e a caratteri neri il nome del campo

RAMGARH

Ma per l’aumentare del numero dei campo anche su questa cartamoneta fu aggiunti con timbro a stampa la scritta:
P.O.W. CAMP
XX
[vedasi banconota da 1 Anna]

essendo 20 il numero del campo in cui mi trovavo a Ramgarh.
Su alcune banconote tale timbro poteva essere messo sul retro bianco.
Il timbro a stampa fu presto abolito e sostituito dal numero 20 (o 21, 22 ecc.) messo a stampa in carattere piccolo e nero davanti alla parola.

RAMGARH
[vedasi banconota da 1 Rupia]

Lo stesso tipo di moneta era in uso nel campo di Yol, ovviamente con la scritta in nero “Yol” ed il numero del campo che poteva essere 25, 26, 27 o 28.
A Yol esisteva anche un “Campo Colonnelli” di cui ignoro il numero, in quanto nella gerarchia militare inglese il “maggiore” è un ufficiale inferiore, quindi nei campi ufficiali vi erano quelli dei gradi da sottotenente a maggiore. Colonnelli e Tenenti Colonnelli erano, in campi separati, con trattamento un poco diverso. I Generali erano in un campo a Dhera Dun, dove fu istituito anche un campo ufficiali di cui ignoro il numero e non possiedo cartamoneta.
Allego due esemplari di moneta in circolazione nel campo di Bhopal e “spesi” a Yol da ufficiali provenienti da tale campo.


[1] Il presente articolo è stato scritto nell’agosto 2005 dallo stesso Galuppini. Il curatore si è limitato ad apporre modifiche al testo, esclusivamente esplicitando le sigle meno diffuse, uniformando la parte grafica, correggendo i refusi, aggiungendo le note come ausilio per il lettore, lasciando completamente inalterato il contenuto del racconto [ndc].


lunedì 3 febbraio 2020

I prigionieri in mano alla Francia Libera

IL V FRONTE DELLA GUERRA DI  LIBERAZIONE
La consistenza numerica
 al settembre 1943





I Prigionieri in mano ai Francesi della Francia Libera agli ordini del generale de Gaule. Questa è una pagine triste che è per lo più misconosciuta che fa il complemento con il comportamento del Corpo di Spedizione Francese in Italia e più in generale ai rapporti spesso tesi e che dal 1870 l’Italia ha con la Francia e, quindi, viceversa. In mano alle forze degaulliste vi erano circa 37.500 italiani, tutti in Algeria. Riprenderemo questa aspetto e qui si può dire che De Gaulle aveva fondato uno Stato nei giorni dlla caduta della Francia nel 1940 fuggendo a Londra. La sua autorità non era ancora nel 1943 completamente riconosciuta e tutta la Francia Libera era un architettura tenta in piedi dalla volontà degli Alleati, mentr ein Francia vi era fino al 1942 il Governo erede della repubblica francese. In sostanza non vi era norma nel Diritto Internazionale che giustificasse ai gaullisti di trattenere soldati italiani.