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lunedì 20 dicembre 2021

Consistenza dei Rimpatri dei prigionieri di guerra ed internati nel 1945-1946

 Nel periodo Maggio-settembre 1945, transitarono ne centri alloggi dell’Italia settentrionale e centrale:

reduci dalla Germania e dalla Svizzera………………….circa 404.500

reduci dala Francia (cooperatori)………………………..circa   13.700

reduci dalla Francia (4° armata)…………………………circa     7.100

 

Nel periodo Ottobre- Dicembre 1945

reduci dalla Germania e dalla Svizzera………………….circa 204.600

reduci dala Francia (cooperatori)………………………..circa   21.200

reduci dalla Russia………………………………………circa     9.500

 

Nel periodo Gennaio- Marzo 1946

reduci dalla Germania ……………….………………….circa  18.300

 

Nel periodo Aprile- Luglio 1946

reduci dalla Germania ………………….……………….circa   6.000

 

Il problema politico del Rimpatrio.

La situazione economica dell’Italia al momento dell’accogliemento dei reduci e tragica:

Fatti uguali a 100 i valori del 1939, nel 1945:

-         il reddito nazionale è sceso del 51,9%

-         la prodizione agricola è scesa del 63,3%

-         la produzione industriale e scesa del 29%

-         i consumi sono scesi el 38%

Inoltre l’inflazione sale verticalemtne mentre il potere di acquisto delle retribuzioni scende del 22%

La disoccupazione è elevata: nel 1945 vi sono oltre un milione di disoccupati, cifra destinata a salire negli anni successivi.

Non vi erano condizioni economiche per accoglierli come si dovrevve.

Per gli Internati l’accoglienza, si può sintetizzare in poche frasi.

Liquidate le loro competenze essi vennero posti in congedo. Solo quelli bisognosi di cure vennero ospitati negli ospedali militati per un periodo di 2-3 settimane e successivamente ebbero qualche sussidio dal Ministero della Assistenza post belica. Nel 1945, all’indomani della fine della guerra, rientrò la gran massa degli Internati, tornò alle loro case e alimentò il numero dei disoccupati, senza alcuna assistenza particolare. Gli agricoltori tornarono subito al lavoro, ma esso era redditizio solo per chi lavorava la propria terra, in quanto poteva vendere i propri prodotti al mercato nero; i braccianti avevano paghe miserrime, specienel Sud, ed alimentarono episodi di lotta contadina e successivamente una vivace immigrazione verso l’America Latina e successivamente verso il settentrione della Francia

Le sorti di coloro che erano operai furono difficili.I lavori della ricostruzione edilizia, delle vie stradali e ferroviarie sarebbero stati a portata di mano, ma ogni ripresa produttiva era resa impossibile dalla crisi finanziaria e dalla deficienze delle materie prime. Sarà solo con l’avvio del programma UNNRA, ma circa due anni dopo che questa ripresa si avviasse.

L’atteggiamento delle autorità verso l’Internato fu di diffidenza e di disinteresse.

Le autorità Militari, per definizione, sono sospettose verso il militare che cade prigioniero o internato; si interessano a lui solo per conoscere il modo con cui è stato fatto prigioniero, poi si disinteressano. E così fu fatto

Le Autorità Politiche non amano pensare agli Internati in quanto constatano che tutti gli Internati sono stati partecipi  della guerra “fascista”, quella del 1940-1943, e quindi, nonostante l’Internamento o sono “fascisti” nell’animo o sono “badogliani”, e questo è un appellativo che apre ampie riserve mentali, e le loro traversie non hanno fatto rumore e non possono essere sfruttae a fini politici, anzi temono il fenomeno del “reducismo” considerato una delle piaghe che nel primo dopoguerra portò a facilitare l’ascesa del fascismo.

Ma sugli Internati pesa l’accusa, mai lanciata, mai messa su carta, mai pronunciata, ma pensata da molti, di “badoglianesimo”, ovvero il fatto che all’indomani della proclamazione dell’armistizio, hanno ceduto le armi per vari motivi: perché erano stanchi di combattere, per non rischiare la propria vita, convinti che la guerra fosse finita e non pensarono al altro che a ritornare a casa.  In pratica, salvo le eccezioni, la gran massa degli Internati fu accusata di aver ceduto le armi ai tedeschi, venendo neno ad uno dei primi obblighi del militare. Poi, dopo riflessione su quello che è stato il loro comportamento nei giorni immediatamente successivi alla proclamazione dell’armistizio, si sono riscattati  non collaborando con il tedesco.

Ma il momento della resa non fu perdonato, nell’animo a costoro e nessuno tenne  in debita considerazione il loro comportamento dietro il filo spinato

 

Da questa situazione emerse un atteggiamento, una volta giunti in famiglia, di totale chiusura a parlare della loro esperienza. In confronto a coloro che avevano preso le armi, i partigiani, che erano coloro che uscivano dalla guerra come vincitori, gli Internati erano o fascisti sconfitti, o traditori senza che lo si pronunciasse, oppure dei vigliacchi venuti meno all’onore militare. Nessuno volle riconoscer ele sofferenze da loro patitte, che del resto, facevano sistema con tutte le sofferenze del popolo italiano.

Questo atteggiamento di totale chisusa in se stessi fece si che il fenomeno dell’Internamento militare sia poco conosciuto, anzi un fenomeno che fino agli anni novanta rimase ai margini della nostra coscienza civile.

 

 

 

 

 



[1] Schreiber G., I Militari Italiani Internati nei campi di concentramento del Terzo Reich 1943 -1945, Ministero della Difesa, Stato Maggiore dell'esercito, uffi

venerdì 10 dicembre 2021

Ufficio Autonomo Reduci da Prigionia di guerra e Rimpatriati.

 


Ufficio Autonomo Reduci da prigionia di Guerra e Rimpatriati nella sua fase iniziale dovette superare notevoli difficoltà, soprattutto in relazione alla grossa confusione esistente in tema di rimpatri.

Le autorità Alleate, che di fatto comandavno in Italia, appellandosi alle Istruzioni Amministrative della M.M.I.A., i quali testualemte recitavano:

“ Gli individui che sono stati mebri del passato esercito italiano sono considerati sivili fino a che essi non siano stati arruolati o richiamati secondo la procedura militare italiana attuale”.

Queste attestazioni applicative  quindi non riconoscevano la qualità di “militari” ai rimpatriandi, cosa in palese contrasto con la realtà. Di conseguenza essendo i ripatriandi “civili”, le organizzazioni che li dovevano accogliere non dovevano essere militari e ma organizzazioni con personale civile.

Nella primavera del 1945 il compito principale dellìUfficio Autonomo fu quello di sottrarsi da ogni influenza  o competenza di enti non Militari e trattare direttamente con la Commissione Alleatala War Materials Disposal and Italian P.W. Sub Commission, accentrado al Ministero della Guerra il delicato problema dei reduci. Investire di responsabilità alcuni organi del Ministero della Guerra la trattazione di materie di loro competenza in relazione ai reduci. Fare accettare alle autorità Alleate il principio morale e giuridico che dovesse essere l’’autorità militare a ricevre i reduci. Con la fine della guerra l’Uffcio Autonomo riuscì a rendere indipendente la sua organizzazione.

Nelle stesso tempo l’Ufficio Autonomo ha chiesto aiuto ed assistenza ad altri Enti, quali la Croce Rossa Italiana, La Pontificia Commissione Assistenza, UNRRA, ed il Vaticano.

 

L’azione dell’Ufficio Autonomo sul campo si è materializzata con la creazione di Centri Alloggio, che non erano altro che i vecchi campi contumaciali, ma che per ragioni di opportunità e psicologiche cambiarono nome,  in corrispondenza dei principali porti e passi di frontiera. L’Organizzazione dei Centri Alloggi provvedeva a ricevere, assistere, vettovagliare, amministrare, immatricolare, smistare i reduci. In particolare queste operazioni erano fatte tenendo in evidenza la provenienza dei reduci, ovvero da campi di concentramenti; vi si tentava di dare una calda accoglienza a chi aveva tanto sofferto, cercando di smussare o eliminare quegli aspetti burocratici che spesso sono più deleteri di ogni altra cosa.

Per lo smistamento si creavano ogni categoria (civili, militari dell’esercito, marina, aeronautica, guardia di finanza, carabinieri, ecc,) destinazioni “ad hoc, presso le organizzazioni di competenza.

L’Ufficio Autonomo, nell’aprile 1945, creò a Milano un suo Distaccamento chiamato Delegazione di Milano, che nel suo massimo sviluppo impiegò 2100 Militari e 1070 impiegati civili

 

I criteri che sotenne l’opera dell’Ufficio Autonomo sono stati:

-         nessun ostacolo o remora al rimpatrio dei reduci

-         massima accelerazione ad ogni pratica per il rimpatrio

-         massima assistenza possibile in termini materiali

Questi criteri sono stati contrastati da oggettive difficoltà, quali da esempio la carenza di mezzi di trasporto, la cui priorità era assegnata ai rifornimenti ed ai avvicendamenti dei reparti e da fattori contingenti, quale ad esempio la necessità, per l’Inghilterra. Di utilizzare nei lavori di campagna nel regno Unito, la mano dìopera dei prigionieri italiani, considerata pregiata, sino a che non è stato possibile sostituirla con aliquote di prgionieri tedeschi.

 

Ai primi di aprile, in previsione della disfatta tedesca, nell’Italia del Nord, in previsione del rientro in Italia degli Internati in Germania, Olanda, Belgio, Francia, Polonia, furono approntati studi che prevedevano una organizzazione così articolata:

-         centri avanzati a contatto con la frontiera

-         centri mediani sulla linea Torino Milano Verona Treviso

-         centri arretrati sulla linea Piacenza- Forlì per lo smistamento degli internati diretti nell’Italia centrale e Meridionale.

Nei centri mediani ed arretrati si inserì anche l’organizzazione militare incaricata del trattamento amministrativo e matricolare dei reduci militari ed in Milano venne costituito un Centro Alloggio totalmente militare.

A rinforzo di questo, l’Ufficio Autonomo attivò centri alloggio a Firenze, Arezzo, Roma, e posti di transito e sosta a Civitavecchia, Messina, cagliari, e Trapani.