CEFALONIA
I
PRIGIONIERI TEDESCHI IN MANO ITALIANA
Massimo
Coltrinari
I
comandi Italiani rispettano la convenzione di Ginevra.
Inviano
a Taranto,al posto di soldati italiani feriti e ammalati, oltre 450 tedeschi
prigionieri.
I “Badogliani” prigionieri dei tedeschi, per
il resto della guerra, sono trattati “come” prigionieri di guerra
Nel trattare la Prigionia
di Guerra, è raro imbattersi in episodi che rispettano alla lettera i dettami
della Convenzione in essere al momento della Guerra; se si tratta di Tedeschi,
poi, questi episodi sono rari. Quindi sorprende che i prigionieri italiani
della guerra di Liberazione, i “badogliani” furono trattati “come” prigionieri
di guerra, secondo la Convenzione di Ginevra del 1929.
Eppure risulta che i
tedeschi si sono comportati secondo le norme per questi prigionieri italiani
del 1944-1945, in un panorama, quello dell’Internamento Italiano in Germania
denso di angosce e crudeltà. Analizziamo questa anomalia.
Veniamo ai fatti. Secondo la ricostruzione di
Claudio Sommaruga[1]
il 10 settembre
1943, superato il disorientamento dell’8 settembre, il presidio della “Acqui” a Corfù predispone la resistenza
ai tedeschi ripiegando le postazioni costiere sui passi montani. Il 13 il Col.
Lusignani rifiuta la resa e dà battaglia: i tedeschi di stanza nell’isola sono
disarmati, la contraerea italiana apre il fuoco su un aereo tedesco, un
tentativo di sbarco tedesco a Benitza viene respinto ma la nostra torpediniera
“Stocco”, in rada, è messa fuori uso.
Il 14 la città di Corfù è bombardata dai tedeschi con incendi ed è abbandonata
dalla popolazione. Dal 9 al 15 settembre 4000 nostri militari, in fuga dall’
Albania, sbarcano nell’isola con mezzi di fortuna sperando di potere da qui
raggiungere l’Italia ma la loro partecipazione ai combattimenti è limitata
dallo scarso armamento. Intanto i partigiani greci di Papas Spiru si mettono a
disposizione del nostro Comando, la battaglia infuria!
Il 18, i
prigionieri tedeschi vengono trasferiti al Golfo di S. Giorgio in attesa della
torpediniera che dovrebbe trasportarli in Italia, ma la “Sirtori” è bloccata in rada e il 24 verrà messa anche lei fuori
uso. Alle 17 del 21 settembre, 441 prigionieri tedeschi (tra cui 7 ufficiali)
trasferiti da Gardelades a Cassiopi s’imbarcheranno con alcune decine di
carabinieri di scorta su pescherecci mobilitati dai partigiani e sbarcheranno
fortunosamente nell’Italia del Sud, a Taranto, dove sono avviati al campo di
concentramento
Il 25
settembre anche Corfù, senza i soccorsi promessi dall’Italia e dagli Alleati si
arrende dopo Cefalonia e con un tragico bilancio di 600 soldati e tre ufficiali
caduti in combattimento, 22-28 ufficiali trucidati dopo cattura e la perdita di
sei idrovolanti alla fonda e delle due
torpediniere. Ma i tedeschi, oltre a 450-550 prigionieri (441 dei quali
trasferiti come detto in Italia), lamenteranno più di 200 caduti, 18
cacciabombardieri incredibilmente abbattuti dalla contraerea e tre
dall’aviazione e cinque mezzi da sbarco affondati.
A Cefalonia, fu fatto
prigioniero un intero battaglione tedesco. Anche questo fu trattato secondo le
convenzioni. Nessuno fu fucilato. Raccolti in un campo di concentramento questo
fu dotato di una bandiera tedesca, affinché la stessa aviazione tedesca non lo
colpisse. Il trattamento fu secondo le norme. Questo trattamento non salvo
dalla strage la guarnigione italiana di Cefalonia, che fu, come noto, decimata.
Secondo la logica
tedesca, dovevano essere fucilati anche i prigionieri della guarnigione di
Corfù, ma ancora una volta il dispregio per le Convenzioni Internazionali è
manifestato dai tedeschi. Anziché procedere alla “strage” come a Cefalonia, per
tema di ritorsioni ai loro prigionieri in mano “badogliana”, si “limitarono” a
fucilare, dopo la cattura, a Corfù 22-28 ufficiali (16 dei Comandi, 5 della contraerea
e alcuni altri). I restanti oltre 5000 uomini, saranno inviati in Germania come
IMI, ma di fatto considerati e trattati come KGF, ovvero senza tutela al pari,
per intenderci, dei prigionieri sovietici in mano tedesca.[2]
Per coerenza il Governo Badoglio a Brindisi doveva procedere alla fucilazione
dei 441 tedeschi prigionieri, gli unici di tutta la guerra, in sue mani.
Ma Cefalonia non finisce mai di portare sorprese.
Nonostante la dichiarazione di guerra del Regno del Sud il 13 ottobre 1943, il
Reich germanico non riconosceva il Regno d’Italia di Vittorio Emanuele III ( e qui si apre
un'altra pagina angosciosa imputabile a chi firmò l’Armistizio del 3 settembre a Cassibile e del 29 settembre a Malta, cioò
il Maresciallo Badoglio: come scrive Sommaruga “la Germania ignorò la
dichiarazione di guerra dell’Italia anche perché priva di valenza: l’armistizio
italiano con gli Alleati vietava infatti all’Italia atti formali
internazionali, tant’è che l’Italia non fu considerata belligerante nemmeno dagli Alleati). Una
delle conseguenze di questo non riconoscimento fu che i combattenti italiani, a
qualsiasi titoli combattessero, erano trattati dai tedeschi come franchi
tiratori e quindi immediatamente giustiziabili. Ma il fatto che prigionieri
tedeschi fossero in mano ai 2badogliani” deve aver condizionato Berlino in
quanto, in una sorta di reciprocità il
il trattamento dei badogliani del I Raggruppamento
Motorizzato, poi del Corpo Italiano di Liberazione e poi dei Gruppi di
Combattimento fu rapportato a quello dei prigionieri di guerra, secondo la
Convenzione di Ginevra del 1929. E’ significativa la disposizione dell’OKW tedesco del 30 marzo 1944
(AZ, 2 F Chef Kriegsgef. Alleg. (1 A), n. 53/44gkos) che, pur non
riconoscendoli come prigionieri di guerra, tuttavia, dovevano essere trattati
come tali, sia pure con certe restrizioni: “…Sebbene
il governo dei traditori Vittorio Emanuele e Badoglio non rappresenti una
nazione belligerante, questi prigionieri vanno trattati come prigionieri di guerra
occidentali / .. / (ma) separati
dagli altri prigionieri di guerra e dagli internati militari italiani, sia nei
Lager che nelle unità di lavoro, che durante i trasferimenti /… /. Il
trattamento di questi prigionieri deve differenziarsi in maniera evidente da
quello degli internati militari italiani, nel senso che a questi vanno
assegnati gli alloggi e i posti di lavoro meno favorevoli. Come Lager
particolare per questi prigionieri viene per ora destinato lo Zweiglagwer
Schellrode dipendente dallo Stalag IX/C Bad Sulza”. [3]
Hitler aveva tutto l’interesse a non riconoscere i
soldati italiani catturati dopo l’8 settembre 1943, come prigionieri di guerra:
aveva bisogno di mano d’opera a basso costo
[1] Claudio Sommaruga, Una
storia sorvolata. Dai tedeschi prigionieri di Badoglio ai Badogliani
prigionieri dei Tedeschi ed agli Internati Militari Italiani, in “Il
Secondo Risorgimento d’Italia”, n. 3, 2005, pag. 52
[2] Cfr. al riguardo il Diario
di Enrico Zampetti, La resistenza a Corfù (9-26 settembre 1943).
Sintesi e note a Cura di Claudio Sommaruga.in “Il Secondo
Risorgimento d’Italia”, n. 3, 2005, pag. 47
[3]
Questo documento lo si deve al già citato Claudio Sommaruga, che anche lui
uscito dall’esperienza di Internato Militare Italiano in Germania, testimonia “Uno di questi prigionieri italiani,
dell’aviazione, lo incontrai in transito nello St. VI/G di Duisdorf (Bonn).”
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