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domenica 24 marzo 2013

Prigionia in mano Italiana nella Seconda Guerra Mondiale


CEFALONIA
I PRIGIONIERI TEDESCHI IN MANO ITALIANA

Massimo Coltrinari

I comandi Italiani rispettano la convenzione di Ginevra.
Inviano a Taranto,al posto di soldati italiani feriti e ammalati, oltre 450 tedeschi prigionieri.
 I “Badogliani” prigionieri dei tedeschi, per il resto della guerra, sono trattati “come” prigionieri di guerra



Nel trattare la Prigionia di Guerra, è raro imbattersi in episodi che rispettano alla lettera i dettami della Convenzione in essere al momento della Guerra; se si tratta di Tedeschi, poi, questi episodi sono rari. Quindi sorprende che i prigionieri italiani della guerra di Liberazione, i “badogliani” furono trattati “come” prigionieri di guerra, secondo la Convenzione di Ginevra del 1929.
Eppure risulta che i tedeschi si sono comportati secondo le norme per questi prigionieri italiani del 1944-1945, in un panorama, quello dell’Internamento Italiano in Germania denso di angosce e crudeltà. Analizziamo questa anomalia.

 Veniamo ai fatti. Secondo la ricostruzione di Claudio Sommaruga[1] il 10 settembre 1943, superato il disorientamento dell’8 settembre, il presidio della “Acqui” a Corfù predispone la resistenza ai tedeschi ripiegando le postazioni costiere sui passi montani. Il 13 il Col. Lusignani rifiuta la resa e dà battaglia: i tedeschi di stanza nell’isola sono disarmati, la contraerea italiana apre il fuoco su un aereo tedesco, un tentativo di sbarco tedesco a Benitza viene respinto ma la nostra torpediniera “Stocco”, in rada, è messa fuori uso. Il 14 la città di Corfù è bombardata dai tedeschi con incendi ed è abbandonata dalla popolazione. Dal 9 al 15 settembre 4000 nostri militari, in fuga dall’ Albania, sbarcano nell’isola con mezzi di fortuna sperando di potere da qui raggiungere l’Italia ma la loro partecipazione ai combattimenti è limitata dallo scarso armamento. Intanto i partigiani greci di Papas Spiru si mettono a disposizione del nostro Comando, la battaglia infuria!
      Il 18, i prigionieri tedeschi vengono trasferiti al Golfo di S. Giorgio in attesa della torpediniera che dovrebbe trasportarli in Italia, ma la “Sirtori” è bloccata in rada e il 24 verrà messa anche lei fuori uso. Alle 17 del 21 settembre, 441 prigionieri tedeschi (tra cui 7 ufficiali) trasferiti da Gardelades a Cassiopi s’imbarcheranno con alcune decine di carabinieri di scorta su pescherecci mobilitati dai partigiani e sbarcheranno fortunosamente nell’Italia del Sud, a Taranto, dove sono avviati al campo di concentramento
      Il 25 settembre anche Corfù, senza i soccorsi promessi dall’Italia e dagli Alleati si arrende dopo Cefalonia e con un tragico bilancio di 600 soldati e tre ufficiali caduti in combattimento, 22-28 ufficiali trucidati dopo cattura e la perdita di sei idrovolanti alla  fonda e delle due torpediniere. Ma i tedeschi, oltre a 450-550 prigionieri (441 dei quali trasferiti come detto in Italia), lamenteranno più di 200 caduti, 18 cacciabombardieri incredibilmente abbattuti dalla contraerea e tre dall’aviazione e cinque mezzi da sbarco affondati.

A Cefalonia, fu fatto prigioniero un intero battaglione tedesco. Anche questo fu trattato secondo le convenzioni. Nessuno fu fucilato. Raccolti in un campo di concentramento questo fu dotato di una bandiera tedesca, affinché la stessa aviazione tedesca non lo colpisse. Il trattamento fu secondo le norme. Questo trattamento non salvo dalla strage la guarnigione italiana di Cefalonia, che fu, come noto, decimata.

Secondo la logica tedesca, dovevano essere fucilati anche i prigionieri della guarnigione di Corfù, ma ancora una volta il dispregio per le Convenzioni Internazionali è manifestato dai tedeschi. Anziché procedere alla “strage” come a Cefalonia, per tema di ritorsioni ai loro prigionieri in mano “badogliana”, si “limitarono” a fucilare, dopo la cattura, a Corfù 22-28 ufficiali (16 dei Comandi, 5 della contraerea e alcuni altri). I restanti oltre 5000 uomini, saranno inviati in Germania come IMI, ma di fatto considerati e trattati come KGF, ovvero senza tutela al pari, per intenderci, dei prigionieri sovietici in mano tedesca.[2] Per coerenza il Governo Badoglio a Brindisi doveva procedere alla fucilazione dei 441 tedeschi prigionieri, gli unici di tutta la guerra, in sue mani.

Ma Cefalonia non finisce mai di portare sorprese. Nonostante la dichiarazione di guerra del Regno del Sud il 13 ottobre 1943, il Reich germanico non riconosceva il Regno d’Italia  di Vittorio Emanuele III ( e qui si apre un'altra pagina angosciosa imputabile a chi firmò l’Armistizio del 3 settembre  a Cassibile e del 29 settembre a Malta, cioò il Maresciallo Badoglio: come scrive Sommaruga “la Germania ignorò la dichiarazione di guerra dell’Italia anche perché priva di valenza: l’armistizio italiano con gli Alleati vietava infatti all’Italia atti formali internazionali, tant’è che l’Italia non fu considerata   belligerante nemmeno dagli Alleati). Una delle conseguenze di questo non riconoscimento fu che i combattenti italiani, a qualsiasi titoli combattessero, erano trattati dai tedeschi come franchi tiratori e quindi immediatamente giustiziabili. Ma il fatto che prigionieri tedeschi fossero in mano ai 2badogliani” deve aver condizionato Berlino in quanto, in una sorta di reciprocità il
il trattamento dei badogliani del I Raggruppamento Motorizzato, poi del Corpo Italiano di Liberazione e poi dei Gruppi di Combattimento fu rapportato a quello dei prigionieri di guerra, secondo la Convenzione di Ginevra del 1929. E’ significativa la disposizione dell’OKW tedesco del 30 marzo 1944 (AZ, 2 F Chef Kriegsgef. Alleg. (1 A), n. 53/44gkos) che, pur non riconoscendoli come prigionieri di guerra, tuttavia, dovevano essere trattati come tali, sia pure con certe restrizioni: “…Sebbene il governo dei traditori Vittorio Emanuele e Badoglio non rappresenti una nazione belligerante, questi prigionieri vanno trattati come prigionieri di guerra occidentali / .. / (ma) separati dagli altri prigionieri di guerra e dagli internati militari italiani, sia nei Lager che nelle unità di lavoro, che durante i trasferimenti /… /. Il trattamento di questi prigionieri deve differenziarsi in maniera evidente da quello degli internati militari italiani, nel senso che a questi vanno assegnati gli alloggi e i posti di lavoro meno favorevoli. Come Lager particolare per questi prigionieri viene per ora destinato lo Zweiglagwer Schellrode dipendente dallo Stalag IX/C Bad Sulza”. [3]

Hitler aveva tutto l’interesse a non riconoscere i soldati italiani catturati dopo l’8 settembre 1943, come prigionieri di guerra: aveva bisogno di mano d’opera a basso costo

     






[1] Claudio Sommaruga, Una storia sorvolata. Dai tedeschi prigionieri di Badoglio ai Badogliani prigionieri dei Tedeschi ed agli Internati Militari Italiani, in “Il Secondo Risorgimento d’Italia”, n. 3, 2005, pag. 52
[2] Cfr. al riguardo il Diario di Enrico Zampetti, La resistenza a Corfù (9-26 settembre 1943). Sintesi e note a Cura di Claudio Sommaruga.in “Il Secondo Risorgimento d’Italia”, n. 3, 2005, pag. 47


[3] Questo documento lo si deve al già citato Claudio Sommaruga, che anche lui uscito dall’esperienza di Internato Militare Italiano in Germania, testimonia “Uno di questi prigionieri italiani, dell’aviazione, lo incontrai in transito nello St. VI/G di Duisdorf (Bonn).”

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