(draf di base per il volume dedicato al Combattente disarmato nel quadro delle celebrazioni della Prima Guerra Mondiale)
.La prigionia militare nei secoli I
Nella
storia dell’Uomo lo scontro fra tribù, popoli e Stati ha portato sempre ad
avere vincitori e vinti e la sorte dei vinti, quando erano fatti prigionieri,
era la schiavitù. I Greci si sentivano un popolo superiore e la guerra contro
“i barbari”, cioè gli altri popoli, considerati loro nemici naturali,
legittimava ogni violenza permessa ed accettata. La sorte dei prigionieri, dopo
ogni battaglia, era segnata. Nelle guerre fra Greci questo principio di
violenza estrema. I Greci ( tutti gli Elleni sono fratelli) consideravano
inviolabili i templi, davano sepoltura ai Caduti in combattimento, anche se la
guerra era in corso potevano frequentare i giochi olimpici, potevano offrire
agli Dei ed in alcune circostanze potevano avere salva la vita: in linea
generale, però, la sorte dei prigionieri era quella di cadere schiavitù ad
essere soppressi.
Presso
i Romani il nemico in guerra continuava ad essere senza diritti; contro di lui
tutto era permesso sia nel campo di battaglia che dopo. Però, i Romani miravano
a governare sui popoli vinti e non ad annientarli; questo portò, di caso in
caso, ad una minore violenza bellica soprattutto verso i vecchi, le donne ed i
bambini. Anche presso i Romani il prigioniero di guerra non aveva diritti e come
tale poteva essere ucciso, ridotto in schiavitù e su di lui poteva essere esercitata
ogni tipo di violenza.
Nel
Medio Evo l’affermarsi in Europa degli usi e delle consuetudini del mondo
germanico non portano a significativi cambiamenti nei confronti dei
prigionieri. I Germani consideravano il duello uno scontro nel quale Dio
assegnava la vittoria a chi sosteneva la causa giusta. Il perdente non aveva il
benvolere di Dio e quindi il vincitore ne poteva disporre come meglio perché il
prigioniero non aveva diritti.
Durante
le crociate si instaurò la prassi di curare i feriti e gli ammalati delle armate
cristiane e nacquero gli ordini Militari Ospedalieri. Si fa strada il concetto
che l’ammalato ed il ferito devono essere soccorsi. Per tutta l’età moderna comunque
il modo di fare la guerra rimane sostanzialmente quella dei secoli precedenti e
sui prigionieri di guerra, come per il passato, furono compiute indicibili
efferatezze. A partire dal ‘600, grazie agli studi dell’olandese Huig van Groot
(Grotius) comincia a farsi strada il concetto, sentito da molti, che occorre
regolamentare il modo di fare la guerra ed introdurre usi e consuetudini che attenuano
la violenza stessa. Nella sua opera De
jure belli ac pacis del 1625 Grotius teorizza, venga condotta con certe
norme di umanità.
Nel
‘700 si comincia a riflettere sul fatto che il soldato è un bene, e dunque i prigionieri
di guerra hanno un valore e possono essere scambiati. Si possono notare alcune
forme di attenuazione della violenza sui prigionieri di guerra, che però
continuano a non avere diritti. Si estende la pratica e l’uso delle convenzioni
di resa, in cui vengono utilizzate delle norme a favore dei prigionieri che,
pur soggette all’arbitrio del vincitore, portano al riconoscimento occasionale
di alcuni diritti al prigioniero di guerra.
Massimo Coltrinari
prigionia@libero.it
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