Volontario in Francia, con l'uniforme Francese, ma Italiano, il garibaldino Giuseppe Chiostergi viene raccolto ferito sul campo bel gennaio 1915 e curato. Poi viene portato in un campo di concentramento tedesco e la sua posizione di Italiano viene attentamente vagliata. Il rischio era di essere fucilato come franco tiratore. Venne interrogato richiesto di dare la sua esatta posizione con domande precise.
"In
realtà, la risposta di Chiostergi era stata assai più esplicita, mediata e
dettagliata, ed aveva incominciato affermando che il popolo italiano non si
sentiva affatto legato alla Triplice alleanza, ma soltanto la Monarchia.
Così
egli venne rinchiuso in cella di rigore e privato della corrispondenza e dei
pacchi viveri, talchè, con la segregazione soffrì anche la fame, cui si
aggiungono l'8 maggio le sofferenze per una nuova operazione e qualche disturbo
agli occhi.
La
punizione allora pareva atroce; nella seconda guerra mondiale i nazifascisti
andavano più per le spicce. Quella del 1915 – 18 seguì ancora un pò la vecchia
tradizione, anche se non fu del tutto come disse a Piero Pieri uno storico
austriaco "l'ultima guerra dei cavalieri!".
A
Chiostergi, in cella, viene concessa la visita settimanale del cappellano
militare, Padre Daniele Feuling, col quale discute di filosofia e di religione.
Intanto, da un ritaglio di giornale del 24 maggio, apprende che l'Italia è
entrata in guerra e che la sua Senigallia è stata bombardata. Per tramite del
sacerdote, riesce ad avere in pochi giorni la notizia che la sua casa è andata
completamente distrutta, ma che la famiglia è salva. E la famiglia apprende
così che egli è ancora vivo!
Il
7 luglio, lascia la cella di Karlsruhe ed è trasferito all'infermeria del campo
di Heuberg, presso costanza, nel Baden, dove, fino a settembre, continua ad
essere trattato duramente e soffre la fame, dato che ancora non può ricevere
pacchi e gli è proibito ogni contatto coi prigionieri francesi. Riesce però a
far passare una lettera al Comitato internazionale della Croce Rossa al quale,
nello stesso tempo si era rivolta anche la fidanzata. Un telegramma dell'allora
presidente Gustave Ador ebbe l'effetto desiderato: Chiostergi, riconosciuto
prigioniero di guerra, fu rimesso coi prigionieri francesi verso la fine di
settembre e potè finalmente ricevere i pacchi viveri, sia direttamente dalla
famiglia, sia per tramite dei comitati svizzeri. Anche la corrispondenza si
fece più regolare: aveva diritto a scrivere quattro cartoline e due lettere al
mese, e la fidanzata potè rompere il divieto di scrivere più di una volta alla
settimana.
Nel
frattempo, trattative s'intrecciano fra il papa Della Chiesa, Benedetto XV
(succeduto nel settembre 1914 a papa Sarto, Pio X), i belligeranti, la Svizzera
e il Comitato della Croce Rossa internazionale per uno scambio di prigionieri
grandi invalidi purchè dichiarassero di non riprendere le armi e fossero
internati in paese neutrale. La gravità della ferita alla spalla è tale che
Chiostergi può ritenersi permanentemente invalido di guerra ed essere compreso
nello scambio dei grands blessés da internarsi in Svizzera. Il 15 marzo
1916, scrive di aver avuto la visita della Commissione medica svizzera con
risultato favorevole. Alla designazione non deve essere stata estranea Enrica
Bignami, madrina spirituale durante la prigionia, preziosa collaboratrice per
la trasmissione di lettere e pacchi.
Il
23 maggio Chiostergi lascia Heuberg diretto a Costanza. L'ultima lettera,
scritta al momento della partenza, reca la frase "auguri dal censore"
accanto alle sue solite iniziali: per parecchi mesi questo si era letto un
romanzo d'amore, sopportando la scrittura microscopica con la quale il
prigioniero rimediava alle limitazioni imposte dal regolamento.
Il
25 maggio 1916, Chiostergi arrivava a Martigny, nel Vallese, insieme con un
numeroso gruppo di prigionieri francesi, accolti con delirante entusiasmo dalla
popolazione che contava, e conta ancor oggi, molti italiani o oriundi italiani
che aprirono al garibaldino la loro casa.
Gli
internati abitavano all'Hotel Clerc. Per ogni soldato il governo francese
pagava quattro franchi svizzeri al giorno.
Elena,
da Pisa, dove era stata trasferita, lo raggiunse abbandonando l'insegnamento. I
due si sposarono. A Ginevra nacquero due figlie, Eugenia, Enrica, Vittoria il
26 aprile 1917 e Bianchina il 1° aprile 1921. L'epidemia di epatite infettiva
del 1923 colpì le due bimbe e si portò via Bianchina il 2 dicembre. La maggiore
è sposa a Ginevra, con due figli.
L'ozio
forzato di Martigny pesava troppo a Chiostergi. Nell'ottobre 1916 ottenne di
trasferirsi a Ginevra e di lavorarvi quale Cancelliere della Camera di
Commercio italiana per la Svizzera, alla quale, per dieci anni, doveva
consacrare la sua attività.
Fu
il primo soldato in divisa che Ginevra, neutrale ma francofila, vide
dall'inizio della guerra: lo accolse con festosa sorpresa e gli matenne poi
sempre la sua simpatia."
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