I prigionieri catturati dagli inglesi nella
guerra 1940-1943
dell’Ammiraglio
Gino Galuppini
a
cura di Giovanni Cecini
Gli Storici,
quelli con la “S” maiuscola, titolari di cattedre universitarie, o, più
semplicemente “cultori della materia” hanno versato i famosi “fiumi di
inchiostro” sulla infelice guerra combattuta dall’Italia al fianco della
Germania dal 10 giugno 1940 all’8 settembre 1943.
Nessuno di
loro, però, si è occupato in modo particolare dei prigionieri.
Infatti i
prigionieri “non fanno storia”: tutt’al più si dichiara che sono stati
catturati, o perduti, “tot” prigionieri.
Ovviamente i
libri di storia compilati dagli Uffici Storici dell’Esercito, della Marina e
dell’Aeronautica trattano ben poco dell’argomento, altrettanto ne fecero i
giornali italiani dell’epoca, ricordiamo “Epoca fascista”, nella quale certe
verità non potevano essere dette.
Se i giornali
italiani non ne parlavano, i giornali inglesi dell’epoca, viceversa, ne
parlavano e “con abbondanza”. Io sono andato a leggermi i “Times” di Londra dal
10 giugno 1940 in
poi, elencando le date dei fatti d’arme e il numero dei prigionieri catturati,
nonché quello degli aerei abbattuti e dei piloti catturati.
Ma anche sul
“Times” non ho trovato documenti sulla cattura che è oggetto di questo scritto.
Unico accenno
reperito è stato sul “Mattino” di Napoli del 20 giugno 1940 che parla del
rientro in patria della motonave Calitea
«giunta a Siracusa con i profughi dell’Egitto», dimenticando di dire che a
bordo vi erano anche 66 membri dell’equipaggio e 298 passeggeri della, ormai
“ex”, motonave Rodi catturata dagli inglesi.
Il Calitea fu fatto partire da Malta la
sera del 12 giugno e giunse a Siracusa il mattino del 13.
Allora il
lettore si domanderà: «come faccio a sapere questa storia?». E’ semplice: l’ho
appresa dalla viva voce di uno di questi “prigionieri della prima ora”,
l’allora tenente di artiglieria Vittorio Monaco, compagno di prigionia, nonché
compagno di casa “50 anni dopo”.
Come è noto,
la guerra tra la Germania
contro la Francia
e Inghilterra, iniziò nel settembre 1939, ma da tale data fino al 10 giungo
1940 l’Italia non fu coinvolta e rimase nello status di “non belligeranza”.
In questa
posizione, attraverso l’Italia potevano giungere in Germania materiali
strategici, quindi Francia e Gran Bretagna esercitarono un “blocco navale” nel
Mediterraneo, consistente nel fermare le navi dirette a porti italiani ed
ispezionarne il carico, per evitare il contrabbando di materiali strategici.
Queste
ispezioni del carico, oltre che sulle navi mercantili, venivano effettuate
anche sulle navi passeggeri e sulle navi “miste”, come la motonave Rodi della Società di Navigazione
Adriatica.
I fatti si
svolsero come segue.
Circa alle ore
12 del 9 giugno 1940, la motonave Rodi, in servizio sulla rotta “Isole italiane
dell’Egeo” e Trieste, si trovava in navigazione al largo di Capo Malia (Malias
Akra), estremità sud del Peloponneso, in viaggio da Rodi a Trieste con 305
passeggeri a bordo.
In quella
posizione fu fermata da una nave da guerra inglese, che mandò a bordo un
ufficiale e alcuni marinai armati, con l’ordine di dirottarla a Malta.
Per il
personale di bordo questa era “normale amministrazione” però questa volta vi
era l’aggravante di dover andare a Malta per effettuarla e non, come sempre, in
mare aperto. (Si ricorda che Malta era una colonia inglese).
La Rodi giunse a La Valletta alle 17:30 del 9
giugno e fu sottoposta alla consueta ispezione, ma non fu lasciata ripartire,
ma fatta ormeggiare a Marsa Scirocco, sotto la sorveglianza di un picchetto
armato.
Questo anomalo
comportamento mise in stato di agitazione sia i passeggeri che l’equipaggio per
tutto il giorno 10.
Alla sera del
10 giugno, Mussolini dal balcone di Palazzo Venezia annunciò agli italiani
l’entrata in guerra dell’Italia.
All’epoca non
c’era la televisione, ma c’era l’EIAR: Ente Italiano Audizioni Radiofoniche che
lo trasmise “al mondo”.
Il discorso
ovviamente, fu ascoltato dai passeggeri della Rodi, che compresero il “perché” della prolungata sosta a Malta.
Da una
relazione compilata dal Commissariato di bordo Ottavio De Vescovi al suo
rientro a Siracusa il 14 giugno 1940, risulta che la notizia suscitò il giubilo
dei passeggeri.
Ma c’era poco
da “giubilare”. Il mattino dell’11 giugno, alle ore 6:00, la Rodi
si trasferì da Marsa Scirocco al Gran Harbour, e fu fatta ormeggiare a fianco
del Calitea altra motonave
dell’Adriatica fermata a Malta il mattino del 9 giugno.
La Rodi
fu dichiarata “preda bellica” e si iniziò un controllo dei passeggeri: quelli
che risultarono militari furono dichiarati “prigionieri di guerra”.
La loro
identificazione fu facile perché viaggiavano “a tariffa militare”. Furono fatti
prigionieri i seguenti militari: tenente colonnello fanteria Guido Puchetti,
tenente di vascello Silvio Giangrande, tenente artiglieria Vittorio Monaco,
tenente fanteria Carlo Mariotti, sergente maggiore Nicola Coniglio e un aviere
di cui non ricordo il nome. Inoltre un civile: l’operaio delle officine del
Regio Esercito Fausto Labonia, che viaggiando “a tariffa militare” a scanso di
equivoci fu incluso fra i P.O.W. [prigionieri di guerra].
A questi
“prigionieri per documento di viaggio” se ne aggiunse uno “volontario” in
quanto dichiarò di essere un ufficiale di complemento che rientrava in Italia
perché richiamato; era il sottotenente Giovanni D’Orlandi, cittadino italiano
residente in Egitto, figlio del medico personale di re Faruk, che fu subito
incluso nel gruppo.
Questi sette
militari, essendo stati dichiarati prigionieri di guerra il mattino dell’11
giugno 1940 sono senz’altro da considerare i primi catturati nella guerra
1940-43.
Come detto più
sopra, la motonave Rodi fu dichiarata
“preda bellica” e ribattezzata Empire
Star e navigò sotto bandiera inglese per tutta la guerra. Affondò il 29
settembre 1945 per incendio a bordo mentre navigava tra Chios e Rodi.
L’equipaggio
fu dichiarato “internato civile” ma non se ne conosce la sorte. Furono
catturati: il comandante Eugenio Verga, i due ufficiali di coperta, Giuseppe
Gay e Mario Depangher, il direttore di macchina Giuseppe Varriale, i due ufficiali
di macchina, Giovanni Wetzl e Giulio Crauser, il marconista Napoleone Zani, 6
fra marinai e fuochisti.
Furono
lasciati rimpatriare il commissario Ottavio De Vescovi, 20 fra marinai e
fuochisti e 40 del personale di camera.
In totale 66
membri dell’equipaggio e 298 passeggeri, che, trasferiti sul Calitea, partirono da Malta la sera del
12 giugno e giunsero a Siracusa il mattino del 13.
Come ho detto
all’inizio, forse “per ordini superiori” la stampa non si occupò del caso,
fuorché il “Mattino” di Napoli, dopo una settimana e trattando solo dei
rimpatriati dall’Egitto.
Mentre i
militari catturati sul Rodi si
possono considerare i primi prigionieri di guerra, non così gli ufficiali e i
marittimi catturati a Malta.
Infatti il 10
giugno 1940 ben 28 navi per 144.658 t.s.l. si trovavano nei porti inglesi e
furono confiscate e gli equipaggi internati. Altre 68 navi per 415.724 t.s.l.
che si erano rifugiate in porti neutrali, ma che poi ruppero le relazioni con
l’Italia, furono anch’esse confiscate e gli equipaggi internati.
Poiché il 10 giugno 1940 ben 179 navi mercantili per 1.026.000 t.s.l.
non avvertite dell’imminente dichiarazione di guerra si trovavano in
navigazione o in porti esterni, ne rimangono 83 che, rifugiate in porti di
nazioni neutrali, vi rimasero internate, e, quando possibile, gli equipaggi
furono rimpatriati durante la guerra, ma di questo ben pochi storici se ne s