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STRALCIO DELLA RELAZIONE
FINALE SUI PRIGIONIERI ITALIANI IN RUSSIA
I mancanti del nostro
Corpo di spedizione in Russia (A.R.M.I.R.) si calcolano a circa 100.000. Si
riteneva che circa 20.000 di essi fossero morti durante la tragica ritirata del
dicembre 1942 – gennaio 1943, conferma di ciò valgano le dichiarazioni del
Giornale “ALBA” (pubblicato in Russia per i nostri prigionieri) n.1 del 10
febbraio 1943 e n.2 del 20 febbraio 1943 e che si trascrivono:
GIORNALE “ALBA” n.1 del
10/2/43 pag.2
“” L’Armata italiana operante in Russia non
esiste più: l’offensiva dell’esercito rosso ha travolto anche l’8^ Armata
italiana, dal 16 al 30 dicembre le Divisioni Ravenna, Casseria, Pasubio,
Torino, Sforzesca, Celere, furono disfatte assieme ad alcuni Battaglioni di
Camicie Nere sul Medio Don.
Più di 50.000 soldati e ufficiali italiani
vennero fatti prigionieri. Nel Gennaio le Divisioni Alpine Julia, Tridentina e
Cuneense e la 156^ Divisione Fanteria Vicenza sono state a loro volta disfatte
sul fronte di Veronez ed altri 33.000 soldati ed ufficiali fra cui tre generali
di divisione catturati …””
GIORNALE “ALBA” n.2 del
20/2/43
“” Il bilancio di un fallimento
L’Italia ha avuto già in questa guerra 72
Divisioni Distrutte. 750.000 italiani sono morti in Africa. Circa 50.000 sono
morti in Russia, 400.000 sono prigionieri in Inghilterra.
Quasi 80.000 sono prigionieri dell’URSS.””
Nonostante le numerose
richieste nessuna comunicazione ufficiale si è riusciti ad ottenere dal Governo
Sovietico sulla situazione dei nostri prigionieri sia dopo l’armistizio sia
immediatamente dopo la cessazione delle ostilità in Europa. Solo nel settembre
1945 le Autorità Sovietiche si decidevano a comunicare ufficialmente, tramite
la nostra Ambasciata a Mosca, il numero dei prigionieri italiani esistenti in
Russia e ammontanti a 19.640. Tale cifra segnalata senza spiegazione
alcuna, è stata per noi una sorpresa e ha creato uno stato d’animo
nell’opinione pubblica e nelle migliaia di famiglie tale da fare aumentare
l’angosciosa attesa nella speranza che essa non fosse vera, e che altri
italiani si trovassero sbandati nell’immenso territorio russo.
Da notizie avute da
reduci si è potuto conoscere che fra il 1943 e la primavera del 1944 decine di
migliaia di prigionieri italiani sarebbero morti in Russia nei campi di
prigionia per malattia, stenti, esaurimento e molti subito dopo la cattura
durante le marce di trasferimento ai campi sulle strade coperte di neve e di
gelo.
Non sarebbe pertanto
errato il calcolo fatto inizialmente dalle Autorità Italiane sul numero dei
prigionieri catturati in Russia; la conferma data dal giornale “ALBA” messa in
relazione con la situazione in seguito fornita dal Governo Sovietico di 19.640
debbono far ritenere attendibili le informazioni dei reduci che oltre 60.000
italiani sarebbero morti in Russia durante la captività.
Si riporta in merito uno
stralcio di relazione sui reduci dell’ARMIR:
“” Un ricordo particolarmente triste essi
serbano del campo di Tambov, presso Mosca, centro di smistamento per quasi
tutti i prigionieri italiani… La mortalità superava i 500 al giorno … Un
soldato che vi ha passato 6 mesi riferisce che di 14.000 italiani al termine di
questo tempo non ne sono rimasti che 400…
Dicono di essere state vittime di un
inconcepibile negligenza.
Affermano che il 90 per cento del corpo di
spedizione fatto prigionieri è ferito nei campi di concentramento. Sembra
questa una convinzione profondamente radicata. Tutti dicono la stessa cosa,
dicono tutti la stessa cifra. “”
Trattando dei rimpatri si
vedrà come anche la cifra dei superstiti tornati in Patria sia stata anche di
gran lunga inferiore a quella di 19.640.
Rimpatri dalla Russia
La decisione del
rimpatrio dei nostri prigionieri venne presa dal Governo Sovietico nel novembre
1945. Il numero di essi per laconica comunicazione ufficiale sovietica,
ammontava soltanto a 19.640.
Nonostante le non poche
pressioni tramite la nostra Ambasciata a Mosca, nulla si è riusciti a sapere
sui rimanenti dispersi: nessuna notizia dei decessi. Tutte le richieste sono
rimaste senza risposta ad eccezione della comunicazione del numero dei
superstiti.
I rimpatri sospesi
durante la stagione invernale, vennero ripresi a primavera avanzata del 1946.
Tutti i rimpatriandi vennero censiti accuratamente per controllare il numero
delle competenti autorità Italiane all’arrivo in Patria; alla data odierna dei
19.640 risultano tornati soltanto 12.513. Un comunicato diramato il 31/5/46
dall’Ambasciata Sovietica a Roma alla stampa dava i seguenti dati, in contrasto
con quelli ufficiali in nostro possesso:
-
21.193 cifra iniziale (e non 19.640)
-
20.096 rimpatriati in due blocchi fino
all’aprile
-
937 ancora da rimpatriare
-
160 deceduti
Dopo tale comunicato i rimpatriati ammontano a 887 che aggiunti
agli 11.626 in precedenza fanno 12.513.
È probabile che nelle
cifre di cui sopra i sovietici abbiano considerato anche i prigionieri liberati
in Germania e trasportati in territorio russo. In tal caso il numero dei
superstiti dell’ARMIR verrebbe a diminuire notevolmente, mancando ancora oltre
7.000 sulla cifra di 19.640 inizialmente segnalata.
Non vi è ormai più
speranza che i prigionieri vi siano in Russia ad eccezione di pochi elementi
dei quali è stata già segnalata alle competenti Autorità l’esistenza (trattasi
soltanto di alcune decine e si ignora il motivo del mancato rimpatrio). Conferma
di ciò è il comunicato di Radio Mosca dell’8 Luglio 1946 (ore 22.30) e che si
riporta:
"" Continuano a pervenirci lettere da famiglie e
Istituzioni con le quali si chiedono informazioni di militari italiani. Si
tratta in genere di soldati e ufficiali che hanno cessato di dare notizie fin
dal 1942 e dal principio del 1943 ossia dalla disfatta dell’ARMIR. Comprendiamo
l’ansia dei parenti e troviamo umana la loro angoscia, ma per non alimentare illusioni
ricordiamo che tutti i prigionieri di guerra italiana sono stati rimpatriati,
gli ultimi dei quali sono giunti in questi giorni o stanno per giungere in
Italia. Tutte le supposizioni che vi siano dispersi nel territorio sovietico
sono prive di fondamento. Radio Mosca ha cessato la trasmissione di
informazioni e messaggi, già effettuata per tre anni perché il soggiorno dei
prigionieri italiani è terminato. Facciamo questa doverosa precisazione
nell’impossibilità di rispondere singolarmente ad ogni famiglia colpita dalla
sventura della guerra fascista. “”
Non è da escludere che un
numero imprecisato di prigionieri (non forte) per ragioni sovietiche sia stato
fin dall’inizio trasportato nella lontana Siberia a spaccare legna nel
Kamiciatca. (Notizia avuta molto tempo fa.) Ogni tentativo per accertare tale
informazione o comunque venire in possesso di nominativi è rimasto infruttuoso.
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