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venerdì 10 settembre 2021

Prigionia austriaca in Italia. Casale in Altamura

 CAMPO DI CONCENTRAMENTO DEI PRIGIONIERI AUSTRO-UNGARICI E TEDESCHI IN CASALE DI ALTAMURA DURANTE LA GRANDE GUERRA 

di RAFFAELLA BONGERMINO 

Chi può narrare i simpatici episodi che in tali circostanze avvenivano dappertutto? Qui erano signori che abbracciavano i baldi soldati accorrenti all’invito della Patria; là erano dame che offrivano pacchetti di sigari, scatole di confetti e cioccolatini, mazzi di fiori; le madri baciavano commosse i loro figli e li esortavano ad essere forti; i vecchi incoraggiavano i giovani a fare il loro dovere per la grandezza d’Italia; i bambini offrivano bandierine tricolori, i sacerdoti figure di santi e medaglie benedette. Quando i treni partivano, ornati di festoni di quercia e di alloro, scoppiavano battimani, s’inneggiava alla guerra, si mandavano baci e benedizioni a quei prodi. Dopo le folle entusiaste rientravano in città e facevano altre dimostrazioni1 . E’ quanto riferisce Saverio La Sorsa a pochi anni dalla fine della Grande Guerra nel suo volume edito nel 1928. La gioia pervase l’intera Nazione ed anche le città pugliesi avvertirono fremiti irresistibili di amor patrio, convinte ormai della necessità della guerra e della bellezza del sacrificio a salvare le terre irredente che ancora subivano la dominazione straniera. La conferenza che destò maggiore entusiasmo e lasciò un ricordo più memorabile, fu quella che il 12 febbraio nel teatro Piccinni, gremitissimo di cittadini di ogni classe, tenne Cesare Battisti, deputato al Parlamento di Trento, il quale, diceva il “Corriere delle Puglie”,” ha l’anima tutta piena d’ardore patriottico e lo spirito dedicato al culto profondo del sentimento d’italianità. …Altra conferenza, fremente di patriottismo, tenne il Gran Martire il giorno seguente a Corato dinanzi ad un’immensa folla, trascinata a deliranti applausi dalla sua parola fascinatrice 

Le diatribe che sorgevano tra sostenitori interventisti e pacifisti continuarono vivacissime fino all’entrata in guerra dell’Italia. Gli opposti orientamenti si placarono, anche se rimasero latenti negli animi, comparendo con la sconfitta di Caporetto. E’ interessante la lettura di un telegramma del Questore al Prefetto di Bari con cui si conferma per il successivo 21 febbraio lo svolgimento in Bari, di due conferenze, che si svolgeranno una, a cura del deputato Guido Marangoni sul tema “Contro la guerra e la fame”, alle ore 11 presso la Sala Italia in Corso Cavour e la seconda, alla stessa ora, nel teatro Piccinni, a cura del pubblicista Tommaso Monicelli, che sosterrà la necessità dell’intervento dell’Italia nel conflitto. Il Questore, precisa che la conferenza del Monicelli sarà privata e si potrà accedere nel teatro solo con biglietti invito . 

  La Sorsa pubblica anche nel suo volume i giudizi delle autorità militari inneggianti al valore dei soldati pugliesi nelle vicende belliche, fornitigli a pochi anni di distanza dalla fine della Grande Guerra da articoli di giornali dell’epoca o dalla viva voce dei comandanti. Merita menzione Pietro Badoglio, Capo di Stato maggiore per il 139° Fanteria Brigata Bari; Paolo Thaon di Revel, Grande Ammiraglio per le Brigate dell’Apulia Fidelis; Giuseppe Vaccari, Comandante della gloriosa Brigata Barletta4 . I Bollettini del Comando Supremo nell’esaltare la tenacia dei soldati pugliesi li descrivono incrollabili nella difesa, irruenti nell’attacco. Sono stati questi valori a caratterizzarli e a permettere loro di catturare migliaia di prigionieri austro-ungarici e tedeschi nelle battaglie più drammatiche e cruenti della Grande Guerra. Se la Battaglia di Caporetto portò l’Italia allo sbando, la disfatta non è da attribuire alla fellonia del soldato italiano verso la propria Patria. Le cause della sconfitta disastrosa, la più grave nella storia dell’esercito italiano vanno ricercate nel fallimento della logistica di guerra che non è il tema della mia relazione. Ma è importante nominare i ragazzi del ’99, meravigliosi combattenti che ridiedero dignità, decoro e valore al soldato italiano. Fino agli anni ’80 del secolo scorso, la storiografia aveva prestato attenzione in particolare agli aspetti diplomatici e militari inerenti alla Grande Guerra, trascurando la rappresentazione epica e drammatica degli eventi bellici. In seguito gli storici hanno acquisito informazioni e documentazioni sul ruolo delle donne, sull’economia di guerra, sui profughi e sui prigionieri. La Convenzione dell’Aia che svolse i lavori tra il giugno e l’ottobre del 1907 volle modificare alcune parti dell’originale Convenzione dell’Aia del 1899 e aggiungerne altre. Fu firmata il 18 ottobre 1907 ed entrò in vigore il 26 gennaio 1910. Sanciva la rinuncia dell’uso dei proiettili esplosivi, quella di lanciare bombe dai palloni aerostatici e l’uso delle armi chimiche. Tutte queste norme umanitarie non furono osservate nel conflitto mondiale da nessuna nazione. La Convenzione fu firmata prima che iniziasse la Grande Guerra e stabilisce sussistenza e rispetto verso i prigionieri. L’Italia purtroppo disattende le regole perché al loro rientro gli ex prigionieri italiani dei tedeschi ed austro-ungarici subiscono l’umiliazione di un nuovo internamento nella propria terra, come si attesta in Puglia ed in Emilia. La fame che avevano patito nei campi nemici è la stessa che patiscono in Patria diventando preda di malattie e di morte. Molti di loro sono stati considerati dispersi dopo un fatto d’armi o considerati probabilmente morti nel tal fatto d’armi. Invece è da considerare anche l’ipotesi che siano stati fatti prigionieri, poi rilasciati e rientrati in Patria dopo l’Armistizio e del loro decesso non sia stata informata la famiglia

5 . 5 F. MONTELLA, 1918 prigionieri italiani in Emilia, Edizioni Il Fiorino, Modena 2008. 

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