Un'altra norma
che incise fortemente nel comportamento dei militari tedeschi è il paragrafo 47
del Codice Militare Penale tedesco. Un paragrafo che nel dopoguerra offrì a
tutti gli accusati di crimini di guerra una comoda via d’uscita per liberarsi
delle responsabilità personali dei crimini commessi.
Scrive ancora
Gerard Schreiber.
“se
nell'esecuzione di un ordine di servizio viene violata una legge penale il solo
responsabile e il superiore che ha impartito quell'ordine”. In un ambiente dove
vigeva il principio di ordine e obbedienza il disposto del paragrafo serviva
probabilmente nei casi dubbi a togliersi qualche peso dalla coscienza. Il
dipendente poteva essere tuttavia accusato di concorso nel reato qualora avesse
ecceduto nell'eseguire l'ordine o fosse stato a conoscenza che l'ordine del
superiore riguardava un'azione finalizzata ad un reato di carattere civile o
militare.
Il
paragrafo 47, quindi, mentre stabiliva che gli appartamenti e le Forze Armate
tedesche non avevano né la facoltà né il dovere di eseguire ordini criminali,
sottraeva nel contempo da ogni procedimento giudiziario tutti coloro i quali,
avendone o meno il diritto, si fossero difesi in modo convincente appellandosi
alla clausola della consapevolezza. E’ lecito supporre che quel paragrafo 47 non
facesse che cresce l'ignoranza ed attenuasse gli scrupoli morali specie in
tempo di guerra quanto erano in gioco delle vite umane, ossia il bene più
prezioso in uno stato di diritto.”[1]
[1]
Schreiber G., Gli Italiani internati nei
campi di concentramento del III Reich. 1943 -1945. Cit. pag. 746 e segg.
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