Contributi e studi sulla prigionia di guerra italiana dal 1861 al 1945 con accenni a quelle antecedenti e a ad altre prigionie dal 1900 ad oggi.Spazio di ricerca del CESVAM - Istituto del nastro Azzurro (Curatore:Massimo Coltrinari) email:centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org)
Traduttore
sabato 23 dicembre 2023
mercoledì 20 dicembre 2023
Scuola G. Marconi Civitavecchia.
Gent.mo prof. Coltrinari,
Spett.le Istituto Nastro Azzurro
sono una insegnante di Lettere, presso il liceo scientifico opzione scienze applicate G. Marconi di Civitavecchia, e le scrivo in merito al 15 dicembre, giorno in cui Lei verrà nella nostra città per esporre il suo nuovo libro su Prigionia ed internamento.
Appena mi è giunta la circolare, con la quale le scuole venivano invitate a partecipare all'incontro, dopo aver ricercato più informazioni non solo sulla sua straordinaria formazione ma anche sull'organizzazione Nastro Azzurro, letto articoli molto interessanti presenti nei diversi siti, mi sono permessa di scriverLe e di inviarLe un Corto teatrale che l'attuale classe Vb creò nei primi due anni del triennio (bisognerebbe dire nel secondo biennio!) sull'esperienza di internamento militare del bisnonno di un nostro alunno. A seguito di un riferimento ai campi per gli internati in occasione del Giorno della Memoria, l'alunno mi portò in classe il diario scritto dal bisnonno a Lippstadt e altri documenti che, prima da sola e poi con gli studenti, abbiamo cercato di far rivivere, sottolineando una sorta di damnatio memoriae a cui una certa critica storiografica condannò per decenni molte pagine della nostra storia. Da qui la metafora dei buchi neri con cui parte l'opera, che vede come unici personaggi il bisnonno Libero e un giovane birmano, oggi sacerdote e per anni ospitato dalla mia famiglia durante il seminario. Due storie diverse ma drammaticamente simili. Facciamo riferimento alla Dichiarazione universale dei diritti umani e alla Convenzione di Ginevra, ecc, ma il tutto per denunciare il silenzio sul dramma ieri ,degli internati e oggi di tante popolazioni, non solo ucraine, russe, palestinesi ed israeliane, ma siriache, libanesi, etiopi, sudanesi, birmane. Proprio oggi, festa dell'Immacolata, ho avuto modo di contattare don Robert che è tornato in MyanMar e mi diceva che hanno la luce solo per tre ore al giorno, niente benzina, e quant'altro, insomma la catastrofe è imminente e dura dal ritorno nel 2021 della dittatura militare. Eppure nessuno ne parla.
Il titolo del Corto è tratto dal canto XI del Purgatorio, quando Dante, parafrasando la preghiera del Padre Nostro, a proposito della pace, aggiunge: "Vegna ver noi la pace del tuo regno/chè noi ad essa non potem da noi/s'ella non ven, con tutto nostro ingegno". Abbiamo vinto il primo premio di un Concorso prestigioso quale quello dell'EIP, l'Ecole instruments de paix, da 52 anni compagna di viaggio dell'Onu e dell'Unione Europea.Le scrivo, dunque, non in cerca di plauso, vanitas vanitatum, ma solo per la gioia di condividere un pezzo del nostro cammino scolastico, il cui contenuto e il cui fine credo che possano dirsi assai simili ai valori che Lei si propone di diffondere. Il 15 sarò impegnata negli scrutini, ma spero possa venire qualche alunno per ascoltarLa e riportare in classe quanto appreso.Di sicuro leggeremo il suo libro e lo porteranno anche all'Esame di Stato.
domenica 10 dicembre 2023
Pietro a !o anni dalla Scomparsa Documenti di Archivio
Massimo Coltrinari
Cesena 29 Marzo 2022
Ricordare Pietro, a dieci anni dalla scomparsa significa
riflettere su un segmento della nostra storia, la resistenza dei militari
italiani all’estero, e più in generale le scelte di politica estera e
socio-economiche del nostro paese del tempo. Significa constatare che a 75 anni
di distanza quanto successo nel 1943 e negli anni successivi è stato
volutamente ignorato e, per precisa volontà, non incide nelle scelte attuali.
Trovarsi come tutti i soldati italiani, ed in particolare
quelli stanziati fuori del territorio nazionale abbandonati a se stessi, senza
più nessun alleato e nessun amico, circondati da popolazione civile ostile e
nemici feriti nell’orgoglio e pronti a sfogare in modo crudele il loro
risentimento di alleati traditi, è una situazione che metaforicamente in questi
ultimi mesi si è riproposta al popolo italiano più di una volta.
La massima espressione democratica quale è la elezione del
Capo dello Stato, si è risolta in un compromesso funzionale, quasi una scelta
obbligata, in virtù della inconsistenza di una classe politica di trovare le
soluzioni democratiche e funzionali all’interesse della nazione. L’unico
candidato alla Presidenza che si è espresso è stato un personaggio che da anni
imperversa sulla scena politica nazionale, amico di colui che oggi devasta un
paese europeo in modo violento, che frantuma ogni cardine della nostra
tradizione della famiglia, cadine della nostra società, proponendoci un matrimonio-non
matrimonio e che ha sempre dimostrato di anteporre i suoi interessi a quelli
della collettività. Vi sono larghi strati della politica che da quando sono
stati eletti al parlamento e rappresentano il partito di maggioranza relativa
dall’inizio del loro mandato hanno cambiato posizione ed atteggiamento ad ogni
annuncio di stagione (basti pensare alla campagna per uscire dall’euro); altri
ancora, con l’etichetta di “sovranismo” combattono l’Europa in ogni maniera,
per creare un regionalismo le cui prospettive sono solo fame e miseria. Infine
il revival contro cui Pietro di è battuto, il ritorno dell’uomo della
Provvidenza, che al termine di venti anni di governo, oggi indicati come
eccellenti, fu detronizzato dai suoi stessi luogotenenti, poi definiti traditori
da chi si era messo al servizio del tedesco invasore sognando un “ritorno
all’origini” senza riflette che quel ritorno stava portando ancora lutti,
divisioni, macerie e fame. Infine la classe politica ha dimostrato ancora una
volta il suo fallimento, per una parte della quale la vita umana non ha valore
con la richiesta di allentamento o cancellazione di norme anticovid, fallimento
prima morale e poi materiale nel momento in cui si è dovuto chiamare un
generale per combattere e ridurre la minaccia di questa infezione, con lo
strascico di coloro, autodefinitesi NOVAX, cioè candidati potenziali senza
difese per il suicido scelto e voluto, non solo per loro ma anche per altri.
A dieci anni dalla morte di Pietro possiamo anche avanzare la
domanda, (in sua presenza non avremmo mai formulata): a che cosa è servita la
Resistenza, la lotta del popolo italiano per non avere più guerre, fame,
tragedie, violenze e un vivere quotidiano sereno, prospero ed un futuro
accettale?
Chi scrive è il figlio
della generazione che fece la Resistenza e deve ai tantissimi Pietro una vita,
guardandosi indietro, degna di nota, una vita che i miei figli invidiano. “Tu
avevi la certezza di…, tu hai la certezza della pensione…, tu hai avuto una
scuola che prima educava e poi istruiva…, tu sul posto di lavoro avevi diritti,
tu avevi sindacati che erano sindacati.., non venduti… tu come generazione
avevi un futuro…” Tutte cose che si sono realizzate. In pratica l’Italia degli anni del secondo
dopoguerra che un altro socialista ha iniziato a distruggere. Oggi i nostri
giovani hanno un quadro di prospettiva diverso.
Dopo una pandemia devastante, oggi viviamo con la paura della
guerra, che pensavamo fosse stata bandita dall’Europa. Il dramma dell’invasione
che nel 1939 subì la Polonia, nel 1940 La Danimarca e la Norvegia, il Belgio e
la Francia, poi nel 1941, la Russia, La Jugoslavia La Grecia, oggi lo rivediamo
in Ucraina. Stesse modalità, stessa propaganda, stessi eroismi, stesse
menzogne, stessi fiancheggiatori, un revival su vasta scala che ci terrorizza.
Ricordando Pietro, certamente a lui non farebbe piacere
sapere che anche i suoi nipoti si potrebbero trovare nelle stesse sue
condizioni del settembre 1943: dover scegliere tra essere internato o salire in
montagna o essere alla mercè di un nemico spietato.
Tutto quanto sopra porta ad una conclusione che potrebbe
essere un punto di riferimento delle nostre scelte future. Ruggero Zangrandi
nella dedica ad un suo volume sulla ricostruzione della crisi armistiziale
scrive:
“…Dedico questo lavoro
a mia figlia Gabriella ed ai giovani della sua età Nella fiducia che una conoscenza non
convenzionale di quel che accadde in Italia intorno all’8 settembre 1943
concorra a far loro imparare prima il male che possono arrecare a un Paese le
cattive azioni di capi vili e quanto poco il sacrifico di migliaia di uomini
semplici riesca poi a porvi rimedio”
Per me, questa è la grande eredità di Pietro, e l’ammirazione
e la stima nate fin dal primo momento che ci siamo incontrati si sono
consolidate al confronto con il tempo e con le sfide che la vita ha posto. Un
ricordo indelebile, attivo e sempre fonte di orientamento. Pietro è ancora con
noi.