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venerdì 4 settembre 2015

I Caduti in prigionia della Prima Guerra Mondiale: una realtà nascosta

Una Memoria mai esistita.
Apriamo le Porte della Memoria
 ai 100.000 Prigionieri Caduti della Prima Guerra Mondiale

In merito al tema della Memoria, occorre attirate l’attenzione su un dato che è caratteristico dell’Italia e di noi italiani. Il nostro Paese ha sempre negato la memoria dei Prigionieri di Guerra della Prima Guerra Mondiale. Nella nostra opinione pubblica, nella nostra coscienza nazionale, nella nostra Storia questa memoria è completamente assente. Questa memoria non è mai esistita. I nostri 600.000 prigionieri in mano alla Germania ed all’Austria-Ungheria, guerra durante sono sempre stati considerati come dei “Peccatori contro la Patria”. Questo concetto, di derivazione  d’annunziana, si è talmente radicato che al momento della Vittoria, il generale Diaz ideò e predispose un piano per non far rientrare i Prigionieri Italiani in Italia, ma deportarli direttamente in Colonia, in Libia, In Eritrea ed in Somalia. Se si può fare un paragone, l’Italia ebbe per i prigionieri all’indomani della fine della guerra  un atteggiamento ed un approccio simile a quello di Stalin: per il dittatore comunista i prigionieri in mano dei nazisti erano dei traditori, che avevano abbandonato il loro posto senza combattere. Ed infatti, al pari di Diaz, non li volle reinseriti nella vita sociale e li fece deportare tutti in Siberia, nei sui campi di concentramento, nei noti Gulag. A Stalin il piano riuscì, a Diaz no; il collasso delle strutture statuali austriache e tedesche permise ai prigionieri di raggiungere l’Italia, accolti dai Carabinieri che davano loro la caccia. Andranno ad ingrossare le file del malcontento in quella atmosfera di “vittoria mutilata” che generò il fascismo. E tanti prigionieri sfogarono il loro rancore contro la Patria militando proprio nelle file delle più violente squadracce fasciste.
Una Memoria persa che non ricorda i 100.000 morti in prigionia: infatti da sempre in Italia si ricordano i 600.000 Caduti della Prima Guerra Mondiale, omettendo nel conto quelli che morirono in prigionia. Correttamente si dovrebbe dire i 700.000 Caduti della Prima Guerra Mondiale, ma prima il Fascismo, che li negò con tutte le sue forze nel turbinio della esaltazione del valore patriottico della guerra mondiale, poi la distratta Italia repubblicana, questi 100.000 morti non sono nemmeno citati. Una memoria persa. Che nasconde un altro grande dramma, a cui dedicheremo spazio su questa rivista, del perché si ebbero questi 100.000 morti. E la causa non fu il “cattivo” tedesco” ma ha nomi precisi, italiani, come Cadorna, e Sidney Sonnino in prima fila. E si compara il dato che sia nella prima guerra mondiale che nella seconda in Germania avemmo grosso modo lo stesso numero dei prigionieri, come mai nella Prima Guerra Mondiale ne morirono 100.000 e nella seconda, nelle mani dei feroci e sanguinari nazisti, 43.000?   
Una memoria che non è mai esistita. Non si deve nemmeno prendersi il disturbi di conservarla, perché non c’è mai stata.
Nell’anniversario del prossimo anno, e del 1915, nel centenario della i Guerra Mondiale, e già si annunciano manifestazioni a tutto spazio sullo stile e spessore di quelle per il 150° dell’Unità d’Italia, nel mare di retorica, di falso pacifismo, di esaltazione delle eroiche gesta, si auspica che si crei, si costruisca si alimento questa memoria di 100000 Italiani Caduti per la loro Patria.

Una memoria da costruire, non da alimentare. Un sfida quasi impossibile non solo da vincere, ma solo da proporre. Ma una sfida che vale la pena di lanciare, affinchè si aprano le Porte della Memoria per una pagina della  nostra storia della Prima Guerra Mondiale che è stata scritta, per dirla con Umbero Eco”, nell’isola che non c’è.
Massimo Coltrinari
(massimo.coltrinari@libero.it)

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