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mercoledì 10 gennaio 2018

Prigionia italiana in Unione Sovietica


Sui sentieri della storia alla ricerca della memoria
Due cittadini taurisanesi nel cimitero di Kirsanov (Russia):
 Luigi Ciurlia e Pasquale Damiano


Cosimo Finiguerra[1]

In un mondo frenetico, ove il consumismo divora l’effimero senza conservare alcunchè, l’uomo pur alle prese con i suoi bisogni quotidiani non può dimenticare il suo passato; riaffiora infatti a tal proposito un antico adagio” Historia est magistra vitae”… poichè senza memoria non può esserci Storia e un Popolo che non conserva la propria memoria non può avere una Storia  e  quindi un Futuro, in quanto alla fine….”noi siamo il nostro passato” (Pitagora).
Eravamo agli inizi  di agosto del 2010, allorquando su tutti i telegiornali del mondo venivano diffuse immagini apocalittiche di distruzione, causati dal divampare del fuoco che in quei giorni in Russia bruciava centinaia e centinaia di ettari di boschi mettendo a repentaglio la vita dei piccioli villaggi russi, nascosti in mezzo alla foresta. Proprio in quel preciso momento, sfidando il fuoco, con autentico spirito alpino ove si obbedisce solo ad un dovere o comando e non ci si cura del pericolo, ho sentito il bisogno di soddisfare un’atavica e masi sopita aspirazione della mia anima . intraprendere un lungo viaggio (sia pure comodamente in aereo e non con le tradotte militari come invece capitò ai nostri sfortunati fratelli italiani) con destinazione “la steppa”, proprio nel cuore della Russia < alla ricerca della memoria sui sentieri della storia>. Volevo infatti raggiungere quella che fu una delle zone operative di guerra e di prigionia ove venne per  sempre anientata la vita di migliaia di innocenti soldati italiani e non, durante la 2^ guerra mondiale. Proprio lì ho cercato due dei nostri sfortunati  concittadini taurisanesi: Luigi Ciurlia ( mio pro-zio, nato a Taurisano il 6.12.1912, morto a Kirsanov il 18.3.1945) e Pasquale Damiano (nato a Taurisano il 7.11.1913, morto a Tambov l’11.4.1943) Entrambi dati per dispersi (in Montenegro) dai documenti ufficiali, rispettivamente  fino agli anni 1983—1995.
Luigi Curlia

Entrambi avevano lasciato in fasce un figlio, mai potuto cullare o accarezzare (sono i cosiddetti orfani di guerra che l’amaro destino ha consegnato all’amore silenzioso e materno delle vedove, anch’esse eroine nel lutto per la Patria). E’ ovvio che in detti orfani e nella loro storia/tragedia personale, simbolicamente si può  intravedere il dramma di tante altre famiglie che hanno dato alla Patria, i propri figli migliori, poichè comune è stato il destino.

Orbene atterrato a Domododiewo (aeroporto di Mosca), mi viene incontro un  tassista privato con una interprete italo-russa (già contattati).Sono  le ore 9 del mattino del 15 agosto 2010, partiamo immediatamente con destinazione Tambov, a 500 chilometri a sud di Mosca, ove attraverso una strada sconnessa che taglia in due la foresta ( a  tratti in pieno incendio ma che si estende solitaria per centinaia e centinaia di km) arriviamo nel tardo pomeriggio.
Chiedo di essere portato nella “Rada” di Tambov ( a 5 km fuori  città), triste teatro di guerra e luogo di prigionia dei due nostri concittadini, ove con l’ausilio di un docente locale di storia, individuo il famigerato campo di internamento n.183 esteso ben 8 kmq. In esso rinvengo solo alberi (larici, faggi, betulle), in parte divorati dal fuoco di quei giorni che miracolosamente si è fermato all’altezza della Croce. (doc.1), mentre al  centro del campo di internamento vi è un rudere, segno evidente del posto comando ormai dirupato ove alloggiavano i soldati russi che tenevano sotto tiro in mezzo al freddo ed all’ululato dei lupi i prigionieri di guerra (italiani compresi).
A pochi metri di distanza, sotto gli alberi inizio ad individuare e fotografare una serie di “fosse comuni” (doc.2-3) ove riposano le spoglie indistinte di tanti caduti, tra cui il nostro concittadino Pasquale Damiano, (padre di Mario Damiano).
La vista mi raggela l’anima; non disperando, inizio a fare una serie di domande a raffica al docente attraverso l’interprete, allorquando ad una  mia precisa domanda: “ quanti sono gli italiani qui sepolti”, egli dopo aver consultato una fotocopia di  un documento ufficiale in cirillico, mi risponde “6720 italiani” aggiungendo: “sono  tutti qui  in queste fosse comuni”. (doc.4).
D’istinto  mi genufletto sulla prima fossa che mi è davanti pensando idealmente di abbracciare con un gesto d’amore e di disperazione tutti quanti indistintamente, poichè la morte non ha nazionalità, sollevato da un unico conforto: in quelle fosse comuni tanti soldati di diversa provenienza e forse in vita nemici o contrapposti, continuano a rimanere abbracciati l’un l’altro come fratelli e per sempre.
Il giorno dopo (16.8.2010), di buon mattino, insieme ai miei compagni di viaggio mi dirigo ancora più a sud in direzione del Don, alla volta di Kirsanov.
Dopo 87 km  giungiamo in un piccolo villag,gio. All’ingresso del paesino rurale vi è una stele con la data di fondazione del villaggio (1779).
 Senza chiedere informazioni ad alcuno, indico all’autista di puntare verso la periferia ove con spirito d’avventura ed  una buona dose di fortuna, ad un certo punto intravedo un campo recintato e infestato da sterpaglia intervallata da piccole croci nere, mentre all’ingresso si erge possente una grande Croce bianca (doc.5) recante in cima l’immagine scolpita di Cristo Redentore (ironia della sorte trattasi di una croce in cemento realizzata alla fine della I^ guerra mondiale da soldati italiani, anch’essi prigionieri dei russi: dalmati, triestini e friulani, i quali anche loro accettarono la prigionia pur di rimanere “italiani”.
Il campo, in stato di abbandono è il cimitero militare di Kirsanov: il mio sogno si è avverato; sono  arrivato finalmente a deporre un fiore sul luogo ove spirò il 18.3.1943 Luigi Ciurlia (mio pro-zio ex parte materna) in ciò nel desiderio di surrogare il gesto che il figlio Stefano Ciurlia voleva compiere da 65 anni.
Indescrivibile l’emozione che mi assale in quell’istante dell’ingresso a quel luogo sacro, soprattutto per le giovani vite che quella terra custodisce e che  la Storia sulla Russia vuole come “sconsacrata” ed ove riposano ben 64 prigionieri italiani.
Detti prigionieri morirono in mano russa nell’antistante costruzione, all’epoca già sede di scuola elementare, requisita dai militari  ed  adattata ad infermeria o posto di primo soccorso (la maggior parte dei nostri soldati erano stati catturati nei dintorni dai russi e portati in quell’accampamento perché feriti o congelati come Luigi Ciurlia – peraltro già prigioniero a Tambov , il quale giunse a a Kirsanov con un congelamento agli arti inferiori che poi ne determinò il decesso.
Credevo in quel momento di aver coronato il mio sogno, varcando il ponticello di ingesso  al     cimitero (ove peraltro  riposano in < fosse comuni> le spoglie di soldati di diverse nazionalità: oltre ai 64 italiani, vi sono sepolti ungheresi, rumeni, francesi e tedeschi), ma non avevo fatto i conti con il problema principale; come identificare la fossa effettiva  dove riposava mio zio.
 Il problema principale era dato  dal fatto che il cimitero è costellato da numeri bianchi in sequenza (da 1 a 331) incisi su di una lastra di ferro color nero conficcata nel terreno (trattasi infatti di fosse comuni dove riposano da 2 ad un massimo di 5 soldati: da informazioni assunte, veniva aperta una fossa al giorno dagli stessi prigionieri in vita che provvedevano alla sepoltura).
Senza perdermi d’animo mi reco presso il locale Municipio ove vengo ricevuto dal Sindaco che a sua volta mi affida al segretario comunale; dott.ssa Volcova Galina Maximovna. Illustro il motivo della mia visita e chiedo di rilasciarmi un documento ufficiale che attesti l’effettiva sepoltura di Luigi Ciurlia in quel cimitero e possibilmente il numero della tomba/fossa. Il segretario comunale dà subito disposizioni ed in cinque minuti l’impiegato e ritorna con un libro ingiallito dal tempo che il segretario sfoglia ed immediatamente individua l’elenco dei soldati italiani ivi sepolti, battuto a macchina in caratteri cirillici. Ad alta voce legge in russo: “ Ciurlia Luigi di Stefano. 1912 Taurisano, soldato morto il 18.3.1945, tomba n° 18
A quel punto chiedo che mi venga rilasciata copia del documento e dopo un primo rifiuto insisto,facendo tradurre all’interprete il mio rammarico; “Signora, la prego di rilasciarmi una fotocopia; la guerra è finita dal 1945 e sono venuto in segno di pace e di riconciliazione”; finalmente il segretario mi consegna copia dell’elenco dei 64 soldati italiani sepolti a Kirsanov (una vera esclusiva. ved. stralcio all. doc.9). Ringrazio e ricambio la cortesia consegnandole lo spartito musicale dell’opera “Kirsanoff” scritta dal compianto maestro taurisanese Martino Manco su parole/lirica di Stefano Ciurlia (doc.6).
Torno quindi al cimitero felice di poter portare finalmente un fiore sulla tomba di mio zio e nel tragitto mi imbatto in un ufficiale russo in divisa che invito a seguirmi per accendere insieme una candela alla memoria nel cimitero di Kirsanov; con fare gentile l’ufficiale mi segue e sulla tomba  degli italiani ci stringiamo la mano in segno di pace  consegnandoli un ramoscello di ulivo portato da Taurisano (doc.7), così riconciliando simbolicamente due Popoli sui luoghi di guerra ed in mezzo alle tombe di tanti morti per la libertà di tutti, indistintamente.
La mia visita termina a Kirsanov attorno alle ore 15 del 16.8.2010 sotto un solleone, mentre mi inginocchio sulla tomba n°18 e depongo un mazzo di fiori ed una foto del tempo di mio zio Luigi, dopo aver piantato una piccola bandiera dell’Italia, a mò di rivendica nazionale in  quei luoghi tanto tristi e solitari (doc.8)
Accompagno la mia preghiera con un gesto spontaneo “benedicendo laicamente” con un segno di croce quella terra per me sacra, ma finora per i più, terra “sconsacrata” secondo la tradizione comunista, ove però ora il popolo russo ha ritrovato la speranza che diviene anche lì preghiera” di pace e d’amore per l’unico Dio.




[1] Relazione del Viaggio compito in Russia a Tambov-Kirsakov il 15-16 Agosto 2010, ed apparsa sul quotidiano Nuova Taurisiano, Anno XXII, n. 2, luglio 2011.  L’Autore ha prodotto un filmato di questo viaggio della durata di 22 minuti, che è stato presentato al Convegno 2Soldati Salentini” svoltosi a Gallipoli il 22 novembre 2012.

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