Sui
sentieri della storia alla ricerca della memoria
Due
cittadini taurisanesi nel cimitero di Kirsanov (Russia):
Luigi Ciurlia e Pasquale Damiano
Cosimo
Finiguerra[1]
In
un mondo frenetico, ove il consumismo divora l’effimero senza conservare
alcunchè, l’uomo pur alle prese con i suoi bisogni quotidiani non può
dimenticare il suo passato; riaffiora infatti a tal proposito un antico adagio”
Historia est magistra vitae”… poichè
senza memoria non può esserci Storia e un Popolo che non conserva la propria
memoria non può avere una Storia e quindi un Futuro, in quanto alla fine….”noi siamo il nostro passato” (Pitagora).
Eravamo
agli inizi di agosto del 2010,
allorquando su tutti i telegiornali del mondo venivano diffuse immagini
apocalittiche di distruzione, causati dal divampare del fuoco che in quei
giorni in Russia bruciava centinaia e centinaia di ettari di boschi mettendo a
repentaglio la vita dei piccioli villaggi russi, nascosti in mezzo alla foresta.
Proprio in quel preciso momento, sfidando il fuoco, con autentico spirito
alpino ove si obbedisce solo ad un dovere o comando e non ci si cura del
pericolo, ho sentito il bisogno di soddisfare un’atavica e masi sopita aspirazione
della mia anima . intraprendere un lungo viaggio (sia pure comodamente in aereo
e non con le tradotte militari come invece capitò ai nostri sfortunati fratelli
italiani) con destinazione “la steppa”, proprio nel cuore della Russia <
alla ricerca della memoria sui sentieri della storia>. Volevo infatti
raggiungere quella che fu una delle zone operative di guerra e di prigionia ove venne per
sempre anientata la vita di migliaia di innocenti soldati italiani e non,
durante la 2^ guerra mondiale. Proprio lì ho cercato due dei nostri
sfortunati concittadini taurisanesi: Luigi
Ciurlia ( mio pro-zio, nato a Taurisano il 6.12.1912, morto a Kirsanov il 18.3.1945)
e Pasquale Damiano (nato a Taurisano il 7.11.1913, morto a Tambov l’11.4.1943)
Entrambi dati per dispersi (in Montenegro) dai documenti ufficiali,
rispettivamente fino agli anni
1983—1995.
Luigi
Curlia
Entrambi
avevano lasciato in fasce un figlio, mai potuto cullare o accarezzare (sono i
cosiddetti orfani di guerra che l’amaro destino ha consegnato all’amore
silenzioso e materno delle vedove, anch’esse eroine nel lutto per la Patria).
E’ ovvio che in detti orfani e nella loro storia/tragedia personale,
simbolicamente si può intravedere il
dramma di tante altre famiglie che hanno dato alla Patria, i propri figli
migliori, poichè comune è stato il destino.
Orbene
atterrato a Domododiewo (aeroporto di Mosca), mi viene incontro un tassista privato con una interprete
italo-russa (già contattati).Sono le ore
9 del mattino del
15 agosto 2010, partiamo immediatamente con destinazione Tambov, a 500
chilometri a sud di Mosca, ove attraverso una strada sconnessa che taglia in
due la foresta ( a tratti in pieno
incendio ma che si estende solitaria per centinaia e centinaia di km) arriviamo
nel tardo pomeriggio.
Chiedo
di essere portato nella “Rada” di Tambov ( a 5 km fuori città), triste teatro di guerra e luogo di
prigionia dei due nostri concittadini, ove con l’ausilio di un docente locale
di storia, individuo il famigerato campo di internamento n.183 esteso ben 8
kmq. In esso rinvengo solo alberi (larici, faggi, betulle), in parte divorati
dal fuoco di quei giorni che miracolosamente si è fermato all’altezza della
Croce. (doc.1), mentre al centro del
campo di internamento vi è un rudere, segno evidente del posto comando ormai
dirupato ove alloggiavano i soldati russi che tenevano sotto tiro in mezzo al
freddo ed all’ululato dei lupi i prigionieri di guerra (italiani compresi).
A
pochi metri di distanza, sotto gli alberi inizio ad individuare e fotografare
una serie di “fosse comuni” (doc.2-3) ove riposano le spoglie indistinte di
tanti caduti, tra cui il nostro concittadino Pasquale Damiano, (padre di Mario
Damiano).
La vista mi raggela
l’anima; non disperando, inizio a fare una serie di domande a raffica al
docente attraverso l’interprete, allorquando ad una mia precisa domanda: “ quanti sono gli
italiani qui sepolti”, egli dopo aver consultato una fotocopia di un documento ufficiale in cirillico, mi
risponde “6720 italiani” aggiungendo: “sono
tutti qui in queste fosse
comuni”. (doc.4).
D’istinto mi genufletto sulla prima fossa che mi è
davanti pensando idealmente di abbracciare con un gesto d’amore e di
disperazione tutti quanti indistintamente, poichè la morte non ha nazionalità,
sollevato da un unico conforto: in quelle fosse comuni tanti soldati di diversa
provenienza e forse in vita nemici o contrapposti, continuano a rimanere
abbracciati l’un l’altro come fratelli e per sempre.
Il
giorno dopo (16.8.2010), di buon mattino, insieme ai miei compagni di viaggio
mi dirigo ancora più a sud in direzione del Don, alla volta di Kirsanov.
Dopo
87 km giungiamo in un piccolo villag,gio.
All’ingresso del paesino rurale vi è una stele con la data di fondazione del
villaggio (1779).
Senza chiedere informazioni ad alcuno, indico
all’autista di puntare verso la periferia ove con spirito d’avventura ed una buona dose di fortuna, ad un certo punto
intravedo un campo recintato e infestato da sterpaglia intervallata da piccole
croci nere, mentre all’ingresso si erge possente una grande Croce bianca
(doc.5) recante in cima l’immagine scolpita di Cristo Redentore (ironia della
sorte trattasi di una croce in cemento realizzata alla fine della I^ guerra
mondiale da soldati italiani, anch’essi prigionieri dei russi: dalmati,
triestini e friulani, i quali anche loro accettarono la prigionia pur di
rimanere “italiani”.
Il
campo, in stato di abbandono è il cimitero militare di Kirsanov: il mio sogno
si è avverato; sono arrivato finalmente
a deporre un fiore sul luogo ove spirò il 18.3.1943 Luigi Ciurlia (mio pro-zio
ex parte materna) in ciò nel desiderio di surrogare il gesto che il figlio
Stefano Ciurlia voleva compiere da 65 anni.
Indescrivibile
l’emozione che mi assale in quell’istante dell’ingresso a quel luogo sacro,
soprattutto per le giovani vite che quella terra custodisce e che la Storia sulla Russia vuole come
“sconsacrata” ed ove riposano ben 64 prigionieri italiani.
Detti
prigionieri morirono in mano russa nell’antistante costruzione, all’epoca già
sede di scuola elementare, requisita dai militari ed adattata ad infermeria o posto di primo
soccorso (la maggior parte dei nostri soldati erano stati catturati nei
dintorni dai russi e portati in quell’accampamento perché feriti o congelati
come Luigi Ciurlia – peraltro già prigioniero a Tambov , il quale giunse a a
Kirsanov con un congelamento agli arti inferiori che poi ne determinò il
decesso.
Credevo
in quel momento di aver coronato il mio sogno, varcando il ponticello di
ingesso al cimitero
(ove peraltro riposano in < fosse
comuni> le spoglie di soldati di diverse nazionalità: oltre ai 64 italiani,
vi sono sepolti ungheresi, rumeni, francesi e tedeschi), ma non avevo fatto i
conti con il problema principale; come identificare la fossa effettiva dove riposava mio zio.
Il problema principale era dato dal fatto che il cimitero è costellato da
numeri bianchi in sequenza (da 1 a 331) incisi su di una lastra di ferro color
nero conficcata nel terreno (trattasi infatti di fosse comuni dove riposano da
2 ad un massimo di 5 soldati: da informazioni assunte, veniva aperta una fossa
al giorno dagli stessi prigionieri in vita che provvedevano alla sepoltura).
Senza
perdermi d’animo mi reco presso il locale Municipio ove vengo ricevuto dal
Sindaco che a sua volta mi affida al segretario comunale; dott.ssa Volcova
Galina Maximovna. Illustro il motivo della mia visita e chiedo di rilasciarmi
un documento ufficiale che attesti l’effettiva sepoltura di Luigi Ciurlia in
quel cimitero e possibilmente il numero della tomba/fossa. Il segretario
comunale dà subito disposizioni ed in cinque minuti l’impiegato e ritorna con
un libro ingiallito dal tempo che il segretario sfoglia ed immediatamente
individua l’elenco dei soldati italiani ivi sepolti, battuto a macchina in
caratteri cirillici. Ad alta voce legge in russo: “ Ciurlia Luigi di Stefano. 1912 Taurisano,
soldato morto il 18.3.1945, tomba n° 18”
A
quel punto chiedo che mi venga rilasciata copia del documento e dopo un primo
rifiuto insisto,facendo tradurre all’interprete il mio rammarico; “Signora, la
prego di rilasciarmi una fotocopia; la guerra è finita dal 1945 e sono venuto
in segno di pace e di riconciliazione”; finalmente il segretario mi consegna
copia dell’elenco dei 64 soldati italiani sepolti a Kirsanov (una vera
esclusiva. ved. stralcio all. doc.9). Ringrazio e ricambio la cortesia
consegnandole lo spartito musicale dell’opera “Kirsanoff” scritta dal compianto
maestro taurisanese Martino Manco su parole/lirica di Stefano Ciurlia (doc.6).
Torno
quindi al cimitero felice di poter portare finalmente un fiore sulla tomba di
mio zio e nel tragitto mi imbatto in un ufficiale russo in divisa che invito a
seguirmi per accendere insieme una candela alla memoria nel cimitero di
Kirsanov; con fare gentile l’ufficiale mi segue e sulla tomba degli italiani ci stringiamo la mano in segno
di pace consegnandoli un ramoscello di
ulivo portato da Taurisano (doc.7), così riconciliando simbolicamente due
Popoli sui luoghi di guerra ed in mezzo alle tombe di tanti morti per la
libertà di tutti, indistintamente.
La
mia visita termina a Kirsanov attorno alle ore 15 del 16.8.2010 sotto un
solleone, mentre mi inginocchio sulla tomba n°18 e depongo un mazzo di fiori ed
una foto del tempo di mio zio Luigi, dopo aver piantato una piccola bandiera
dell’Italia, a mò di rivendica nazionale in
quei luoghi tanto tristi e solitari (doc.8)
Accompagno
la mia preghiera con un gesto spontaneo “benedicendo laicamente” con un segno
di croce quella terra per me sacra, ma finora per i più, terra “sconsacrata”
secondo la tradizione comunista, ove però ora il popolo russo ha ritrovato la
speranza che diviene anche lì preghiera” di pace e d’amore per l’unico Dio.
[1]
Relazione del Viaggio compito in Russia a Tambov-Kirsakov il 15-16 Agosto 2010,
ed apparsa sul quotidiano Nuova Taurisiano, Anno XXII, n. 2, luglio 2011. L’Autore ha prodotto un filmato di questo
viaggio della durata di 22 minuti, che è stato presentato al Convegno 2Soldati
Salentini” svoltosi a Gallipoli il 22 novembre 2012.
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