Prigionia
di Guerra in Unione Sovietica
Il
Giornale per prigionieri in lingua italiana “”L’ALBA” 1943-1946
I Parte
La URSS , potenza
detentrice, nel quadro della sua azione di
indottrinamento ideologico verso i prigionieri italiani in suo potere,
utilizzò un giornale
, appositamente destinato ai prigionieri
italiani, dal titolo significativo : “L’ALBA”. Dopo
la lunga notte del
fascismo, e della guerra erroneamente combattuta e combattuta male,
ecco, con questo giornale, nel pensiero
sovietico , una fonte di verità per
gli italiani
prigionieri . Il perché i sovietici, ed
i fuoriusciti italiani
utilizzarono questo mezzo è ben spiegato fin dal secondo numero de
“L'ALBA”
:"L’ “L’ALBA” era uno strumento
utile affinchè i
prigionieri
italiani, avessero la possibilità di
istruirsi e di comprendere
quanto avveniva
nella Unione Sovietica , e di riflesso nel mondo."[1]
I prigionieri erano sollecitati a porsi domande: su
quanto fino ad
allora era successo; perché avevano combattuto,
contro chi avevano
combattuto, quali erano realmente
gli obiettivi dell’Armata Rossa
presenta sempre come un esercito non imperialista ma
di “popolo”,
di “nobili cavalieri”, ed altre domande più o meno
ovvie, più o
meno imbarazzanti. L’”Alba era diretta inizialmente da Rita Montagnana,
e dopo i primi
4 mesi da D’Onofrio, fino al 1944 e poi da Amadesi
Robetto; la Direzione e la Redazione raccoglieva il meglio della élites
comunista italiana in Russia. Oltre a Togliatti, vi
lavoravano
direttamente ed indirettamente, Roberti, D’Onofrio,
Germanetto,
Cerreti,
Grieco, Anselmo ed Andrea Marabini, Nieda Orion
(pseudonimo di Teresckenko, l’ufficiale della NKVD
che controllava
tutta la redazione)
si avvaleva di disegnatori quali Cesare Piccoli,
Fidia Gambetti e
Vincenzo Vitello. Via via entrarono
in redazione
anche prigionieri
italiani, con collaborazioni occasionali quali Giuseppe
Lamberti, i già citati Fidia Gambetti, Vincenzo Vitello e tutta una
schiera
di aderenti al gruppo antifascista. Il Giiornale
arrivò a stampare fino a
7000 copie che sicuramente è un numero, oltre che
elevato, anche eccessivo
in relazione
al numero dei potenziali destinatari che
occorre ricordarlo
non segnavano le 10/12 mila unità è e con la
liberazione dei prigionieri
in mano a alla Germania, come internati militari le
21/22mila unità.
L’Alba rappresenta quindi un punto di riferimento nel
quadro della
Prigionia in mano alla URSS. E’ bene precisare subito che il suo criterio
era un intento propagandistico di guerra, oltre che ideologico.
Pretendere che fosse indipendente, libero, e al di
sopra della parti è
un assurdo.
Reputiamo che sia storiograficamente inconsistente la tesi che l’ALBA non è un giornale libero e
pluralista e quindi non ha valore. Un giornale, per prigionieri di guerra,
nella Unione Sovietica degli anni di
guerra, non poteva godere di libertà maggiori rispetto a quelle riservate ai fogli ordinariamente destinati ai
cittadini della Unione Sovietica stessa
o almeno cosi’ si può correttamente supporre.
L’”L’ALBA” ha, peraltro, un valore storico in quanto ci permette di vedere i modi attraverso i quali i suoi promotori miravano a conseguire i loro obiettivi la valutazione degli obiettivi raggiunti e gli effetti consegnati presso i prigionieri.
Dopo aver dato risposte a questi quesiti, vi è poi l’altro ordine di
domande : quale uso sia stato fatto dell’”L’ALBA” fra i prigionieri, quale incidenza ha esso
avuto nei contrasti politici fra i
prigionieri , e le relative conseguenze. Esula invece dal nostro campo le interazioni che “”L’ALBA” ha sicuramente provocato nel gruppo
dirigente comunista italiano in URSS, ovvero se all’interno di questo gruppo
si sono noti contrasti sulla linea
politica da seguire, e se siamo sorte delle disparità di vedute.
.
Infatti è ben chiaro che i dirigenti comunisti italiani, in URSSS non avevano da anni contatti con le masse italiane in Italia. E questi prigionieri italiani in loro mano erano i primi italiani su cui si poteva fare liberamente politica e propaganda. In pratica una sorta di laboratorio in attesa di rientrare in Italia, a guerra conclusa, come poi si verificò, ed iniziare la vera lotta politica.
Infatti è ben chiaro che i dirigenti comunisti italiani, in URSSS non avevano da anni contatti con le masse italiane in Italia. E questi prigionieri italiani in loro mano erano i primi italiani su cui si poteva fare liberamente politica e propaganda. In pratica una sorta di laboratorio in attesa di rientrare in Italia, a guerra conclusa, come poi si verificò, ed iniziare la vera lotta politica.
”L’ALBA”
ha anche questo profilo da analizzare,
ed infatti, come vedremo nella
maggioranza delle analisi non è altro che una prima espressione
della politica togliattiana che sarà
sviluppata nel dopoguerra dal PCI.
Per
i prigionieri ”L’ALBA”, invece, rappresentò il ritorno, più o meno evidente alla normalità. Riuscire a leggere
un giornale significava essere
riusciti dallo stordimento dovuto
alla fame, alle fatiche, alle malattie ed avere ripreso un minimo di efficienza fisica.
Secondo
Giuseppe Lamberti, nel celebrare nella primavera del 1944, l’anno di vita del
foglio, con ”L’ALBA” i prigionieri
avevano ricevuto “una parola di
conforto di speranza “i primi raggi di
verità”, .Tramite l’Alba essi avevano appreso i grandi tratti degli
avvenimenti in Italia, la crisi e la caduta del regime e lo sviluppo della
guerra di liberazione. Come tutti gli articoli
apparsi sul giornale anche questo di Lamberti deve essere ridimensionato. In realtà il
foglio serviva, in primo luogo, a portare la voce degli Ufficiali, per cercare
di non lasciarsi andare e mantenere un accettabile dignità. Poi rappresentava
un primo collegamento con la realtà esterna, soprattutto con l’Italia, non
essendoci corrispondenza con le famiglie
dalla madrepatria. Inoltre si conosceva l’andamento della guerra: la caduta
della Tunisia , il tragico 1943 e tutto il resto, notizie anche di carattere
politico militare che erano le uniche a disposizione del prigioniero.
Oltre all’andamento
della guerra il prigioniero riceveva
notizie sulle istituzioni e le realizzazioni sovietiche, nonchè sulle opere,
spesso in forma adulatoria, di Stalin. Per questo aspetto si ripetono alcuni brani di quanto
pubblicato in merito in cui si evidenzia
il carattere prettamente
propagandistico delle notizie.
Tratte dal Rapporto URRNI , riportano
queste notizie le note a margine
che evidenziano il citato carattere propagandistico.
“Stralci di notizie
riguardanti la vita sovietica. n.12 - 25
giugno 1943”
“La giovane comunista Nadesda Tuleneva di
Voroscilovgrad ha imparato la
professione di muratore. Nei primi giorni
murava solo 450 mattoni , ora ne mura piu’ di 2.500 per turno. Svetlana
Libo, dellla regione di Kirov, ha battuto
il record murando 2506 mattoni in cinque ore.”
“n. 26 -
5 ottobre 1943 Paolo ROBOTTI “I kolkoz ed il contadino russo”
“...la collettivizzazione fu volontaria
e dove furono commessi errori, nel senso di obbligare i contadini ad entrare
nei kolkoz , il partito intervenne
e revoco’ le misure coercitive dei dirigenti locali.”
(la
deportazione di milioni di contadini
all’epoca della collettivizzazione a cosa era dovuta? - n.d.r.)
“.... Lo stato ha dato l’aiuto indispensabile alla collettivizzaione per
rendere meno gravoso il lavoro e più alto il rendimento fornendo 483 mila trattori e 153 mila mietitrici
-trebbiatrici.. Quali furono i risultati ? Se nel 1913 la terra seminata era di
105 milioni di ettari con una
produzione granaria di 833 milioni di
quintali, nel 1938 la superficie
coltivata era salita a 136 milioni di ettari con una produzione di 950 milioni
di quintali. Non è questa la più brillante dimostrazione della giustezza della
collettivzzazione?
(Robotti
non sapeva fare le divisioni : nel 1913 la resa per ettaro era di 8 quintali.
Nel 1938 era solo di 7 quintali per ettaro. In Italia dove non c’era
collettivizzazione la resa era di 37 quintali / ha in Lombardia e 11 quintali /
ha in Italia meridionale. - n.d.r.)
Sul
numero n.107 - 28 aprile 1945 Paolo ROBOTTI scrive:
“.... nel 1937 vi erano 1802 kolkoz che
avevano in banca somme superiori ad un milione di rubli come fondo
sociale........ nel 1943 - 44 i colcosiani
sovietici hanno versato oltre 5,5
miliardi di rubli di loro spontanea
iniziativa per dare piu’ armi all’esercito ..... centinaia di
migliaia di colcosiani ricevono
annualmente oltre 400 giornate lavorative. Migliaia ne ricevono oltre 600. La colcosiana E. Dianova
a guadagnato 774 giornate in una
regione dove l’inverno dura sei mesi ...”
Nell’”L’ALBA” del n. 127 15 settembre 1945 è riportato:
“... A Nisnj Tahil, l’operaio Stefan
Eremenko, nel mese di agosto, ha
compiuto il lavoro dicinque mesi ......... i lavoratori del Kusbass, il 31 agosto , hanno dato 20
mila tonnellate di carbone in piu’ del piano giornaliero....... il
minatore Nikifor Beliakin della miniera
di Artem, (Vladivostok) che ha settant’anni il 14 settembre ha superato la “norma” del 907%. Il minatore
Pugacev delle miniere di Irktsk ha
compiuto in un giorno 10 “norme”....”
Se
”L’ALBA” deve dare notizie di
prigionieri questo non significa che era lo scopo primario del Giornale. Obiettivo principale sempre perseguito era la “defascistizzazione”
dei prigionieri, nel quadro della loro
rieducazione politica, a premessa del loro assorbimento ideologico. Alcuni
Brani dell’Alba come esempi del settore
della azione di propaganda sono
estremamente significativi a tale proposito
Nel
n.1 10 febbraio 1943, Articolo di fondo,
si legge:
“.... oggi per la prima volta nella loro
vita, decine di migliaia di operai, contadini, artigiani , impiegati ,
professionisti , ufficiale di carriera che si trovano prigionieri nell’Unione Sovietica, sono messi nella
condizione di pensare liberamente , di conoscere la verità su un paese che è stato loro presentando per
vent’anni sotto le luci più fosche.
“.... Così dei cittadini italiani i quali
sono stati per tanti anni considerati
dei minorenni nel loro paese, trovano quindi nella prigionia di guerra, la libertà di pensare con la
propria testa e di parlare.”...
La
prigionia nell’URSS apre loro una prima grande finestra sugli immensi orizzonti della libertà.
Purtroppo la realtà nell’Unione Sovietica era molto più fosca di quanto si
ritenesse in occidente. La libertà di pensare
e parlare, ristretta in modo inaccettabile in Italia sotto il fascismo, era poca cosa
rispetto alla situazione in Unione Sovietica. Per i russi dire quello che
pensavano, dirlo anche in privato, era un pericolo mortale. Nei diuturni
contatti con la popolazione, i prigionieri
quando uscivano a lavorare nei campi, nelle fabbriche nei villaggi
potevano constatare il terrore viscerale
di ogni individuo ed il rifiuto di ogni
conversazione su certi argomenti.
Nel
numero. 22 7 settembre 1943 Articolo di fondo
“Critica e Polemica”
“... sulle rovine del fascismo dovrà essere costruito un regime
democratico... non solo di nome, ma di fatto; che non abbia paura di
appoggiarsi veramente sul popolo, di
estendere e garantire tutte le
liberta’ popolari, di affidare alle
masse popolari la direzione ed il controllo effettivo della vita nazionale”.
Nel
numero . 115 - 23 giugno 1945 Paolo
ROBOTTI
“.... la questione di Trieste per un
certo tempo ha mantenuto una inutile e dannosa tensione sulle
frontiere nord-orientali d’Italia ... di
essa hanno tentato di farsene un’arma perfida
le cricche reazionarie italiane... “
(La
questione di Trieste consisteva nella
pretesa di Tito, capo del movimento di liberazione a guida comunista in
Jugoslavia di annettersi , oltre l’Istria, gran parte del Friuli fino al Tagliamento , nota
dell’UNIRR.)
La
defascistizzazione era perseguita con le denuncie degli errori del fascismo, delle atrocità dei tedeschi
durante la guerra in Russia, che erano tante,, della separazione delle
responsabilità sia quelle dei politici (fascisti) che quelle dei militari
(popolo) , per arrivare alla distinzione fra tedeschi (nazisti) e italiani per concludere
che l’alleanza italo-tedesca era stato un grave errore .
Cosi’
la prigionia, attraverso questo
processo di defascistizzazione. era
vista come un bagno purificatore dopo la
sconfitta e gli errori, il rito di aspirazione della passata adesione al
fascismo o alla acquiescenza alle sue direttive. Era un contributo che si
poteva e doveva dare per accelerare la sconfitta del fascismo.
“Solo così- si legge nel Messaggio al
Popolo Italiano pubblicato dall’Alba -
potrete permettere il nostro ritorno in patria ed alle nostre famiglie. solo
cosi ‘ potrete salvare la
vostra Italia e
ridarle la propria libertà .... sulle
solide basi di una vera giustizia sociale
l’opera di ricostruzione che parlerà a tutto il popolo italiano il benessere e la Felicita’.
Un
messaggio al Popolo italiano che era un messaggio
a tutti i prigionieri, agitando quel
sogno che era nella mente di tutti i prigionieri, il rimpatrio.
Solo
la sconfitta del fascismo, solo l’adesione al socialismo,la collaborazione più
fattiva possibile avrebbe permesso il
rimpatrio.
E
il prigionieri venivano preparati anche al rimpatrio a quello che avrebbero
politicamente trovato in Italia. Sull’”L’ALBA” appaiono gli stessi temi che
nelle stesse settimane il partito comunista poneva al centro della sua
propaganda. E non poteva esimersi di tracciare il quadro politico che si andava formando in Italia .
Scrive
Paolo Robotti sul numero. 126 8 settembre 1945
“..... gli italiani che hanno vissuto la catastrofe dell’ARMIR dovranno al loro
ritorno , essere i più calorosi
assertori dell’amicizia con l’URSS”...
Il
19 ottobre 1943 ”L’ALBA” da questo
quadro ancorandolo a nomi precisi Ercoli
(ovvero Togliatti), Robotti, ecc con
Sforza, Croce. questi nomi in
contropagina, in una architettura in cui da una parte le forze giovani, vive,
innovatrici (Ercoli, ed il PCI) e dall’altro i fantasmi, gli sconfitti del fascismo , che ritornano veri e propri
“Resuscitati” dell’antifascismo” espressione di forze conservatrici
destanti dalle masse (Sforza e il Partito Repubblicano, Croce e il Partito
Liberale). Valutazioni svalutative anche per altri partiti. Il partito d’Azione
è nominato solo una volta (agosto 1943) ed è presentato come un aggregato di intellettuali nell’orbita
di Sforza; la Democrazia del Lavoro, presentata in termini riduttivi, un partito esangue; la Democrazia Cristiana nominata solo nell’agosto del 1944, a cui toccherà la
sorte del silenzio costante o bersaglio di giudizi sprezzanti.
(continua)
[1]
L'intera raccolta dei numeri dell'Alba è depositata al Ministero della Difesa,
Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico, Fondo “Aldo Resta”