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giovedì 11 febbraio 2021

La Battaglia di Adua. Il ritorno dei prigionieri in Italia

 


Il primo scaglione di prigionieri giunse in Italia nel febbraio 1897 composto da 7 ufficiali e 208 militari di truppa- Il grosso dei prigionieri italiani rimpatrierà tra l’autunno del 1896 e l’aprile 1897, dai porti di Massaua e Zeila, raggiunti questa volta a cavallo e verrà accolto con gelo, se non ostilità, dalle autorità e dalle cittadinanze in Eritrea e in Patria. Tedone[1] (op. cit.) così ricorda il primo impatto degli ex prigionieri, nel porto di Massaua, accolti con diffidenza e vergogna dalle autorità e dai civili: Molto popolo bianco e nero era schierato sulla banchina al nostro arrivo, ma non una parola, non un saluto da parte della folla che in breve si dirada lenta e silenziosa com’era venuta.”

Anche GOJ (op.cit.) sottolinea l’accoglienza glaciale, a differenza da quella ricevuta a Zeila dagli inglesi e si preoccupa delle voci di processi ai reduci, in Italia!” 

Pontano [2] aggiungerà: “Cominciavamo a capire, dopo aver scorso, passati tanti mesi, alcuni giornali italiani, di dover scontare i grattacapi procurati agli uomini di governo con la nostra prigionia: avevamo il torto di non essere morti tutti /…/ Così finì la prigionia in Abissinia di cui, dopo tanti anni, posso dire che non fu il periodo più triste della mia vita.”

L’accoglienza in Italia a Napoli sarà vessatoria e punitiva: lo sbarco avverrà di notte, coi carabinieri che tengono lontana la popolazione e col trasporto al galoppo in caserma nei carri dell’artiglieria. Seguiranno lunghi interrogatori in caserma ma non ci saranno processi, ma saranno defraudati di parte del soldo e dei souvenirs portati dallo Scioa e diffidati di parlare coi giornalisti e tanto meno della battaglia di Adua e della prigionia.[3].

Così i prigionieri di Adua si ammutolirono come quelli, più tardi, di Caporetto e gli ex IMI dei Lager: le trame della storia si ripetono!

Solo sei reduci avranno il coraggio di testimoniare pubblicamente, anche in sordina e anche dopo decenni: il medico Nicola D’Amato[4], il sottufficiale Francesco Frisina[5], il maggiore Giovanni Gamerra[6], il caporale Luigi Goj[7], il tenente Gherardo Pontano[8] e il sergente Giovanni Tedone[9]  Non se ne ricordano altri,



[1] Tedone G., “Angerà”, Milano, Giordano, 1964 (1a ed.1915).

[2] Pontano G., Ventitré anni di vita africana”, Torino, SATET, 1943

[3] Frisina F., “L’Italia in Abissinia e nel Sudan”, Alessandria D’Egitto, Imprimérie Nouvelle, 1919)

[4] D’Amato N., “Da Adua a Addis Abeba. Ricordi di un prigioniero”, Salerno, Volpe, 1896

[5] Frisina F., “L’Italia in Abissinia e nel Sudan”, Alessandria D’Egitto, Imprimérie Nouvelle, 1919)

[6] Gamerra G., Fra gli ascari d’Italia”, Bologna, Zanichelli, 1899

[7] Goj L.,”Adua e prigionia fra i Galla”, Milano, Scuola tip. Salesiana, Milano, 1901

[8] Pontano G., Ventitré anni di vita africana”, Torino, SATET, 1943

[9] Tedone G., “Angerà”, Milano, Giordano, 1964 (1a ed.1915).

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