rubrica dedicata ai luigi della conservazione delle memoria come sono gli Archivi, i Musei e le Biblioteche. Quello qui rappresentato è il Museo di Berlino in cui vengono descritti gli anni del nazismo in Germania dal 1933 al 1945 solo con didascalie e foto
MUSEI,
ARCHIVI E BIBLIOTECHE
Berlino: come non si dimentica:
Topography of Terror
Gestapo, SS and Reich
Security Main Office
on Wilhelm and Prinz –Albertcht strasse
A Documentation
Alberto Marenga
Il dibattito sulla Memoria
dell’Olocausto e della inumana vicenda dei campi di concentramento tedeschi, e
più in generale gli eventi drammatici che hanno segnato gli anni della guerra
1940-1945 in
Italia non può non prescindere dalla volontà che si ha nel voler preservare la
memoria stessa. Se la
Pubblica Opinione è ferma nel voler ricordare quei drammatici
avvenimenti e presentarli alle future generazioni,allora si ha un tipo di
memoria preservata; se invece si fa di tutto per cancellare ogni traccia di
quei avvenimenti, allora si ha un altro tipo di memoria. In altra parte di
questa rivista si dibatte questo concetto.
Un esempio del primo approccio,
cioè della ferma volontà di ricordare, senza se e senza ma, senza
giustificazioni o cessioni di sorta, è dato dal
centro documentale denominato “Topografy of Terrore) , la Topografia del
Terrore, a Berlino. E una delle cose più interessanti da visitare a Berlino,
per comprendere come I Tedeschi di oggi cercano di far passare un passato che
non passa: quello che è sta la grande tragedia del Nazismo e della degenerazione del
nazionalismo dal 1933 al 1945. Una precisa, puntuale e leale ricostruzione di
quegli anni si trova in un Museo, che porta i nome di “Topography of Terror”,
che in italiano possiamo molto facilmente tradurre in “Topografia del Terrore”. La
costruzione è molto semplice, un cubo, vetro e cemento estremamente moderna,
funzionale. Ma la sua posizione è estremamente significativa: al centro ove
sorgevano negli anni del terrore gli edifici che ospitavano Il Capo delle SS
del Reich e Capo della Polizia Tedesca nel Reich- Ministero dell’Interno, il
Capo della Polizia di Sicurezza e dello
SD, ed altri edifici che ospitavano lo Staff dell’Organizzazione di Sicurezza
tedesca.
Non ci sono oggetti, reperti, o altro, nessuna fonte
materica in questo museo: solo
fotografie con didascalie in tedesco ed in inglese; sembra che sia stato
costruito più per i tedeschi che per un visitatore straniero. I comparti in cui
si articola il museo sono:
-
la Presa del potere da parte del nazionalsocialisti
-
Le Istituzioni del terrore
-
Terrore, Persecuzione e Sterminio sul Territorio del
Reich
-
Le SS e La Polizia di Sicurezza del Reich nei territori
occupati
-
La fine della guerra
e il dopo guerra
-
Il sito del Terrore dopo il 1945
Il visitatore non è chiamato a
prestare attenzione da questo o quel’oggetto; non vi sono nel linguaggio
museale elementi che catturano l’attenzione con effetti speciali, nemmeno
normali. Il visitatore viene prima inviato ad iniziare il percorso espositivo e
poi, quasi immediatamente viene catturato da ciò che vede. Come quando si legge
un libro avvincente, il linguaggio museale cattura il visitatore che inizia a
prendere atto e conoscenza di che cosa è stato il nazismo in Germania e non
solo in Germania. Non vi sono giudizi, ne positivi ne negativi, ma solo
oggettività, esposizione di fatti attraverso il linguaggio fotografico,
documentale e didascalico. Ed emerge la verità nella sua reale dimensione, a
volta crudele, a volta orripilante, a volte devastante, sempre chiara e precisa
e lineare.
Come i Tedeschi oggi abbiano
fatto a costruire un luogo della memoria come questo è un caso tutto da
studiare. In effetti il visitatore, prendendo atto di quello che è stato il
nazismo dal 1933 al 1945, non può non formulare un pesantissimo giudizio sulla
Germania e sul popolo tedesco per quando dolore abbia procurato prima a se
stesso poi agli altri popoli europei. Ed avere avuto la forza di documentarlo è
un merito che noi Italiani dobbiamo imitare. Avere avuto questa forza,
affrontare il problema nella sua realtà, significa iniziare risolverlo a
superarlo, affinchè poi tutto questo non si rinnovi in un futuro più o meno
lontano. Un uomo vincente affronta e risolve i problemi, un uomo perdente
giustifica ogni cosa. Così un popolo: avere avuto la forza e la volontà di
presentare e costruire in questi termini, al cento di Berlino, questo Museo è
il primo passo per fronteggiare un passato terribile, un passato che non passa,
un passato come il 12 anni che il nazismo è stato al potere in Germania, una
macchia nera su tutto un popolo.
Un esempio della forza
documentaria del linguaggio di questo Museo, e la forza della memoria, è riportata dalle foto a seguito, colte dal
catalogo; la umiliazione pubblica inflitta a chi non era nazista, la propaganda
contro gli ebrei, e infine, l’ultima, foto, quasi un atto d’accusa al popolo
tedesco in tema di consenso al Nazismo: in una tribuna di operai, uno solo, un
operaio solo, ha il coraggio di mostrare il suo dissenso; tutti gli altri sono
a braccio teso nel saluto nazista.
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