Al termine delle operazioni nel marzo 1943 si procedette ad un primo bilancio delle perdite in uomini e in materiali. Per i materiali la situazione risultò subito disastrosa. L’attacco sovietico fu condotto in modo tale che non impegnò solamente la prima linea italiana, ma sconvolse l’intera area della battaglia, non facendo distinzione tra elementi avanzati e retrovie. L’attacco si manifestò con forte intensità fin dai primi momenti con azioni aeree, fuoco di artiglieria, di mortati e di lanciarazzi pesanti, distruggendo comandi, reti di collegamento, unità automobilistiche ed paralizzò ogni forma di attività logistica ed operativa. La violenza dell’attacco nemico non potè permettere di effettuare la rottura del contatto della prima linea e retrocedere; non fu possibile organizzare colonne ed autocolonne per il movimento retrogrado, aggravato dal fatto che gli automezzi nella loro gran parte non si trovava a ridosso della prima linea
Questo constatazione è essenziale: infatti, preso atto di questa situazione, si doveva combattere sul posto, come da ordini superiori, poi, esaurita ogni capacità combattiva arrendersi e consegnarsi al nemico. Il ripiegamento in queste condizioni fu disastroso. Si doveva avere la forza morale di arrendersi, consci di aver fatto il proprio dovere fino all’ultimo, e trovare la salvezza nella prigionia. Insistere nell’andare a trovare la salvezza nel retrocedere ed allontanarsi dal nemico fu la causa primaria del disastro umano e militare che segna la campagna di Russia.
Le perdite in termini di materiali furono enormi.
Dei 17750 automezzi in dotazione alla 8a Armata al momento dell’attacco sovietico, ne andarono perduti 11.130; dei 4851 motomezzi se ne persero 4243. Le cause furono molteplici, distruzione o cattura battaglia durante, distruzione ad opera delle stesse unità che le avevano in dotazione i materiali per non farli cadere in mano al nemico, abbandonati perché guasti, e, sopratutto, abbandonati per mancanza di carburante. Le perdite degli automezzi, che significa movimento, sono significative in quanto permette di dire, in sintesi, che tutti gli altri materiali furono o persi o distrutti o abbandonati. Si può dire che se per gli automezzi le perdite furono del 70%, per i motomezzi l’87%, non da meno per gli altri materiali: per i quadrupedi, furono circa l’80%, l’armamento di reparto ebbe perdite pari al 76% mentre quelle più gravi in tanto disastro furono quelle relative alle artiglierie, che raggiunsero il 97%.
Queste cifre fanno concludere che le perdite in termini di materiali subite dall’8° Armata furono tali che praticamente questa Armata fu distrutta nel senso letterale del termine nella seconda battaglia difensiva del Don. L’ARMIR nel marzo del 1943 non aveva più mezzi e materiali per essere ricostituito e quindi si giunse a conclusione che quello che di esso rimaneva doveva essere riportato in Italia. Una conclusione della nostra guerra alla URSS veramente misera.
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