Negli anni sessanta si ha la Relazione Ufficiale Sovietica, disponibile anche in Italia, e per quello che concerne la partecipazione italiana, tradotta e pubblicata a cura dello Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico, nella quale si legge:
“Nel corso dell’offensiva sul medio Don le unità del Fronte Sud Ovest e l’ala sinistra del Fronte “Veronez” progredirono verso occidente di 250-300 km e liberarono oltre 31.000 kmq di territorio.
Esse inflissero una disastrosa sconfitta della 8^ Armata Italiana ed all’ala sinistra del Gruppo Armata “Don”. Dell’8^ Armata Italiana furono distrutte cinque divisioni di fanteria (3^ “Celere”, 5^ “Cosseria”, 2^ “Sforzesca”, 9^ “Pasubio”, 52^ “Torino”) ed una Brigata di “Camicie Nere”. Questa Armata che aveva agli inizi d’autunno 1942 circa 250.000 soldati ed ufficiali perse – fra morti, feriti,e prigionieri – la metà dei suoi effettivi[1].
Le perdite secondo i Russi furono la metà degli effettivi, ovvero circa 125.000 uomini circa.
In effetti se si confrontano i dati pubblicati nel 1943, pur fissando in 114.000 circa i superstiti rientrati in Italia, le nostre perdite fra caduti, prigionieri e dispersi furono circa la metà della forza presente al momento dell’attacco sovietico.
Ancora negli anni sessanta, sotto la spinta delle famiglie dei Caduti e dei Dispersi, si procedette almeno ad elencare i nomi dei Caduti e Dispersi . Su iniziativa di Don Carrera, reduce dalla prigionia, furono approntati da parte del Commissariato Generale per le Onoranze dei Caduti in Guerra quattro volumi con i nomi di 69.042 soldati morti o dispersi in terra russa. Questa opera fu la conclusione di uno sforzo intensissimo, ma si rilevo’ poi pieno di errori e di omissioni. Ma per quegli anni, (i volumi furono presentati il 19 settembre 1971 a Cargnacco nella Cripta del Tempio Nazionale) non si poteva fare di più.[2]
Su questa base si ricominciò ad operare. Centro delle ricerche fu la Direzione Generale per la Leva , il Reclutamento e la Mobilitazione (Albo d’Oro)[3] del Ministero della Difesa, nella convinzione che occorresse mettere ordine a cifre che da più parti venivano indicate come errate.
a. Caduti in combattimento
b. Dispersi
c. Deceduti in prigionia
d. Deceduti in prigionia, cioè quelli la cui presenza in prigionia era certa, ma la cui morte non era documentata.
Questa ripartizione rileva come la cifra di 84.830 redatta nel 1943, ripresa poi nel 1946, era inficiata da un difetto di fondo: non indicava che gli assenti, ovvero mescolava quelli che erano morti in combattimento , quelli che erano caduti prigionieri e quelli che erano morti durante la ritirata.
La cifra del 1946 quindi doveva essere per forza ratificata attinta dall’Albo d’Oro hanno permesso di avere dati più precisi.La cifra di 84.830 circa caduti in Russia pubblicata nel 1946, quindi, non è esatta.Eppure questa cifra è stata posta a base di tutti gli studi, gli articoli , le monografie e i volumi pubblicati sull’argomento.
Si legge sul Rapporto UNIRR:
“Bisogna far presente inoltre che il Ministero della Difesa - Albo d’Oro ha in archivio la documentazione nominativa di circa 90 mila militari che non hanno fatto ritorno dal fronte russo. Tenuto conto che circa 5 mila riguardano i Caduti prima della ritirata, i rimanenti 85 mila si riferiscono al periodo preso in considerazione della Tabella. Ad essi, però, occorre aggiungere i 10 mila che hanno fatto ritorno dalla prigionia i cui fascicoli, ovviamente, non fanno più parte dell’archivio dell’Albo d’Oro . Ne consegue che gli assenti all’appello alla fine di marzo del 1943 erano 95000 e non 85.000 [4]”
Secondo il rapporto UNIRR le ricerche condotte presso l’Albo d’Oro hanno individuato nel totale degli assenti a Gomel, al termine della la ritirata la cifra di 95.000 uomini. Quindi rurante la ritirata l’Esercito Italiano perse 95.000 ovvero su un totale di uomini inviati, 229.000, le perdite furono del 41%. Ma anche su questa cifra occorre fare riserve e non può essere accetta come definitiva.
per contatti: ricerca23@libero.it
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